domenica 10 dicembre 2017

LUDO COECK

A partire dagli anni '70 il calcio belga comincia a dimostrare sul campo la bontà di un movimento che solamente negli anni '30 aveva iniziato a dare segni di sé.
La sua crescita esponenziale è ovviamente connessa all'esplosione di una generazione di calciatori ancora oggi ricordata con piacere, tanto da fungere da naturale metro di paragone per la forte rappresentativa dei giorni nostri.
Non solo la selezione belga si riaffaccia a grandi livelli nei grandi tornei, ma anche un club come l'Anderlecht arriva a vincere per due volte la Coppa delle Coppe nella parte finale di tale periodo.
Tra i tanti campioni che guidano tale ripresa balza all'occhio un centrocampista completo e potente, vero trascinatore dei Paars-wit e della nazionale belga, in assoluto uno dei migliori prospetti europei a cavallo tra gli anni '70 ed '80.
Il suo nome è Ludo Coeck e purtroppo per lui il suo talento è stato pari all'incredibile sfortuna che ne ha minato la carriera, fino al tragico epilogo.


La carriera di Ludovic (questo il suo nome completo) prende il via nella natia Berchem, dove con la squadra locale si mette da subito in mostra nel ruolo di centravanti.
La facilità con la quale calcia verso la porta e le buone doti tecniche inducono i suoi primi allenatori a schierarlo proprio come una vera punta centrale, posizione nella quale si disimpegna anche nella sua prima stagione da professionista.
Gioca infatti sette partite nel Berchem nell'annata 1971/1972 mettendo a segno sette reti, a dimostrazione che nei pressi della porta ci sa davvero fare.
La svolta arriva con il suo approdo all'Anderlecht nell'estate del 1972 dove, a soli diciassette anni, affina le sue conoscenze tecnico/tattiche e, soprattutto, inizia quell'evoluzione che lo porterà ad imporsi in un ruolo diverso.



A Bruxelles capiscono che la sua facilità di corsa e l'esplosività del suo piede sinistro meglio si sposano con un ruolo a centrocampo, impostandolo con continuità come mezzala sinistra.
La sua intelligenza tattica e la grande duttilità gli permettono di imporsi anche come centrocampista centrale, ruolo dove sembra davvero a sua agio, mettendosi in evidenza in entrambe le fasi di gioco, diventando un perno per i Biancomalva.
Il concetto di duttilità è ben radicato in lui, tant'è che, nonostante una naturale vocazione offensiva, viene spesso designato come marcatore del trequartista avversario, al quale non risparmia un controllo ossessivo e qualche tackle energico.
Dispone inoltre di una buona visione di gioco che, abbinata ad una notevole solidità, lo rendono già da giovanissimo uno dei centrocampisti più completi del panorama europeo.
Il fisico possente (184 cm di altezza) e la tendenza a procedere a testa alta lo rendono molto visibile in campo, anche di più del look con baffoni e ricci biondi che lo caratterizza per tutta la carriera.
La potenza devastante del suo tiro gli vale il soprannome di Boom Boom, attribuitogli dai tifosi che trepidano ogni qual volta dalla media/lunga distanza carica una delle sue celebri cannonate.
Nella sua prima stagione vince subito il campionato e l'anno dopo a soli 19 anni fa il suo esordio nella nazionale belga, prendendo parte alla vittoriosa trasferta in Islanda valida per le qualificazioni all'Europeo del 1976.
Tale episodio certifica la sua maturità anche per il contesto internazionale e le susseguenti vittorie nell'Anderlecht nelle Coppe Europee dimostrano la sua crescita e quella complessiva della squadra.
Nella stagione 1975/1976 la squadra della capitale belga vince la Coppa delle Coppe grazie ad un gruppo di giocatori che vede talenti autoctoni quali Hugo Broos, Jean Thissen, Ludo Coeck e François Van der Elst integrarsi al meglio con i campioni olandesi Peter Ressel, Arie Hann e Rob Rensenbrink.
Quest'ultimo è il capocannoniere di una compagine che batte per 4-2 il West Ham in finale, mettendo in mostra solidità e classe soprattutto a centrocampo, dove Coeck e Haan sono a loro agio nel supportare la classe di Van Der Elst.
L'opera viene completata con il prestigioso successo nella Supercoppa Europea, ottenuta battendo in una doppia finale il Bayern Monaco di Franz Beckenbauer e Gerd Muller.
Due anni più tardi, dopo aver perso la finale 1976/1977 contro l'Amburgo, un Anderlecht leggermente diverso centra il bis, dominando letteralmente in finale l'Austria Vienna per 4-0, con doppiette di Rensenbrink e del difensore Gilbert Van Binst.
Anche in questo caso il successo viene successivamente nobilitato dalla conquista della Supercoppa, ottenuta stavolta a spese del Liverpool di Bob Paisley.
Coeck è uno dei grandi protagonisti in tali successi internazionali ed il suo nome è ormai sul taccuino dei migliori club europei, colpiti da un giocatore completissimo ed ottimo in ogni funzione ed ambito della partita.


Il fatto di scendere in campo con il prestigioso numero 10 sembra attribuirgli quell'aurea che tale maglia sembra sempre attribuire al suo possessore; Coeck dimostra di meritarsi in pieno tale investitura, dando sempre grande prova di classe abbinata a tenace agonismo ed grande carattere.
Tarda invece ad arrivare una uguale crescita a livello di nazionale, dove il Belgio fallisce la qualificazione per l'Europeo 1976 e per il Mondiale 1978, nonostante la forte generazione a disposizione.
Coeck gioca con continuità nelle relative qualificazioni, dando sempre il meglio, ma dovendo accontentarsi di vedere da spettatore le prestigiose manifestazioni.
Meglio va due anni dopo, quando il Belgio si qualifica per l'Europeo giocato in Italia, arrivando addirittura fino alla finale, persa contro la Germania Ovest.
Il centrocampista belga purtroppo non prende parte alla fase finale a causa delle prime avvisaglie di quella sfortuna che d'ora in poi si accanirà su di lui: un problema fisico lo toglie di mezzo alla vigilia del torneo, privando il Belgio di un elemento in grado davvero di fare la differenza.
Una delusione per lui che Il 2 aprile 1980 aveva anche trovato il primo gol in nazionale, mettendo a segno una rete nell'amichevole contro la Polonia.
Per ottenere soddisfazioni e vittorie deve quindi puntare alla squadra di club, con la quale conquista il suo secondo campionato nella stagione 1980/1981, letteralmente dominata dagli uomini di Tomislav Ivic, abili a prevalere di ben undici punti sul Lokeren secondo.
Nel 1982 il Belgio riesce a qualificarsi per la fase finale del Mondiale dopo 12 anni, proponendo in Spagna una squadra giovane e talentuosa, ben allenata da Guy Thys.
I Diavoli Rossi esordiscono come meglio non si può, battendo nella prima gara i campioni in carica dell'Argentina, ma faticano più del previsto nel secondo impegno, contro il modesto El Salvador, precedentemente battuto dall'Ungheria con un sonoro 10-1.
Il Belgio riesce ad avere ragione dei centroamericani grazie ad un gran gol di Coeck, ottenuto con la sua classica bordata dalla distanza.



Lo striminzito successo per 1-0, connesso al successivo pareggio con la rappresentativa magiara, consente ai belgi di vincere il proprio girone ed accedere alla fase successiva, nella quale però verranno sconfitti da Polonia ed URSS.
Coek è comunque etichettato come uno dei migliori centrocampisti della rassegna e la sua considerazione internazionale aumenta ulteriormente la stagione successiva, quando con l'Anderlecht vince la Coppa UEFA.
Il successo è ottenuto dopo una dura finale contro il Benfica e va a rimpinguare il già vasto palmares di Coek, che nel frattempo decide di lasciare il club per approdare nel campionato italiano.L'Inter infatti decide di acquistarlo per farne il nuovo perno del centrocampo, dopo che è  sfumato l'arrivo di Falcao dalla Roma, a causa di una forte polemica tra le due società.



Attorno a tale situazione nella capitale si crea un vero e proprio polverone, con tifosi romanisti ed addirittura qualche alta carica politica che intervengono per impedire il trasferimento del Divino.
A seguito di tale situazione, dopo uno screzio tra i presidenti Viola e Fraizzoli, la società neroazzura acquista per 2 miliardi Coeck.
Il tecnico Luigi Radice è ben soddisfatto di poter inserire un centrocampista in grado di garantire gol (60 quelli realizzati con l'Anderlecht), così come quantità ed esperienza internazionale.
Per il centrocampista belga è il coronamento di un'ottima carriera, ma la possibilità di giocare nel miglior campionato del momento è gravata da una serie quasi paradossale di infortuni: già dal precampionato subisce uno stiramento al quale si aggiunge un problema alla caviglia una volta rientrato, senza contare una forte contusione al costato che lo limita nuovamente.
In nazionale patisce un'ulteriore distorsione alla caviglia che va ad aggravare un quadro abbastanza desolante: Coeck va in campo solamente 15 volte in stagione, non riuscendo praticamente ad incidere ed a farsi apprezzare dal pubblico neroazzurro.
In vista della stagione 1984/1985  la dirigenza milanese non vuole privarsi del cartellino del giocatore ma, al tempo stesso, non vuole rischiare di puntare nuovamente su di un calciatore menomato da continui e persistenti problemi.
La soluzione è quella del prestito e l'interessamento in tal senso dell'Ascoli sembra la soluzione migliore, potendo in tal senso monitorarne direttamente le prestazioni ed i progressi.
Nella città marchigiana scoppia l'entusiasmo ed il calciatore viene accolto in modo trionfale dai tifosi, tanto che viene già messa in circolazione la sua figurina.



Purtroppo per lui la sfortuna decide di metterci ancora lo zampino sotto forma di un nuovo problema fisico, questa volta all'anca.
Il sagace presidente Costantino Rozzi aveva prudentemente inserito una clausola nell'accordo che avrebbe consentito all'Ascoli di rendere nullo il trasferimento in caso di simili situazioni.
Il riscontro medico parla addirittura di malformazione e vien da sé che il calciatore deve fare ritorno all'Inter, al momento senza posto libero per un altro straniero avendo già tesserato Liam Brady e Karl-Heinz Rummenigge.
Coeck resta quindi in una sorta di limbo, continuando comunque cure e terapie per poter tornare al più presto a giocare, anche in virtù dell'obiettivo di partecipare al Mondiale 1986, tenuto conto che la sua ultima presenza su 46 totali risalga al giugno del 1984.
Decide di passare tale forzato periodo di riposo in patria, dove si mantiene in forma e dove si dimostra comunque ottimista ogni qualvolta venga interrogato dai media circa la sua situazione.
Proprio dopo un'intervista alla televisione belga, la sera del 9 ottobre 1985, la sfortuna presenta tragicamente il suo tragico conto finale: l'auto guidata da Ludo Coeck si schianta contro un camion provocandogli lesioni gravissime che lo porteranno alla morte nonostante un disperato intervento chirurgico.
Il mondo del calcio è letteralmente sotto shock ed ogni tifoso resta basito di fronte alla sorte capitata al giovane calciatore.



Impossibile aggiungere altro ad una simile tragedia, ma a più di trent'anni dalla stessa vale la pena ricordare il campione belga per quanto dimostrato sul campo, quale evoluzione di quello che viene generalmente definito "calciatore totale".


Giovanni Fasani


(Fonti: storiedicalcio.altervista.org)

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