Se in Grecia chiede a qualsiasi appassionato chi sia Dusan Bajevic vi verrà prontamente data una risposta in qualche modo collegata alla parola "allenatore".
Il personaggio in questione è a tutti gli effetti uno dei manager più vincenti e chiacchierati di tutto il contesto ellenico, per i successi ottenuti (8 campionati e 4 coppe nazionali) e per le scelte fatte (clamoroso il suo passaggio dall'AEK Atene all' Olympiakos nel 1996).
Forse in pochi però rammentano che prima di aver fatto fortuna come allenatore, Bajevic è stato un eccelso e prolifico attaccante.
Tutto il suo talento emerge nella natia Mostar, formandosi come professionista nel Velez, per il quale esordisce a soli 18 anni nel 1966.
Sin da subito si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un talento speciale, per la naturalezza nelle giocate offensive e per lo sviluppato senso del gol.
Non siamo però di fronte al classico attaccante che "vive" per il gol, ma piuttosto ad una punta versatile e dalla grande classe, molto intelligente in ogni movimento e giocata.
La fluidità dei suoi gesti tecnici è uno spettacolo per gli occhi e la naturalezza con la quale tratta il pallone e conclude a rete lo rendono uno dei prospetti più importanti del contesto bosniaco.
Seppur molto giovane Dusko mostra subito un gran carattere, non ha paura di sbagliare e non ha timore a rispondere per le rime anche a compagni o avversari più esperti.
Tale indole lo porta anche a ricerca soluzioni balistiche di elevata difficoltà, che le sue straordinarie qualità tecniche trasformano in ordinarie.
Siamo ovviamente nel periodo dove la Jugoslavia ingloba tutti i campionati nazionali sotto la Prva Liga e per una piccola società come il Velez non è facile emergere in un contesto dominato principalmente dalle squadra di Belgrado (Stella Rossa e Partizan) ed in msirua minore dall'Hajduk Spalato.
Nel decennio speso da Bajevic in maglia Rođeni arrivano due secondi posti oltre che qualche avvincente successo contro le cosiddette grandi del campionato jugoslavo.
Per tutti i tifosi diventa il Principe di Neretva, perché dalle parti della città Narenta un talento del genere l'anno visto davvero raramente.
Nonostante la concorrenza nel suo ruolo non manchi di certo, diventa un giocatore utile anche per la nazionale, con la quale esordisce nel 1970.
A metterlo in luce è in larga parte il titolo di capocannoniere in coabitazione con Slobodan Santrač (20 gol a testa).
Come sempre la selezione jugoslava vive un periodo tormentato, dove le piccole faide interne e la mancata di costanza di rendimento rappresentato ostacoli significativi al raggiungimento di traguardi prestigiosi.
E' in questo clima che il commissario tecnico Miljan Miljanić porta la rappresentativa al Mondiale del 1974, potendo contare indubbiamente su di una rosa di alto livello.
I Plavi si guadagnano la partecipazione dopo uno spareggi contro la Spagna, al termine di un serrato testa a testa nel girone di qualificazione.
Il fenomenale capitano Dragan Džajić è il simbolo di una attacco formato da elementi quali Ivan Šurjak, Stanislav Karasi e lo stesso Bajevic.
Dopo l'iniziale pareggio a reti bianche con il Brasile, l'allenatore jugoslavo decide di inserire proprio l'attaccante del Velez, per una della partite più particolare e significative della rassegna.
La Jugoslavia umilia per 9-0 lo Zaire ed al termine della partita emissari del dittatore africano Mobutu arrivano a minacciare giocatori e famigliari in caso di altre "brutte figure".
Dal punto di vista puramente sportivo il match mette in luce le qualità tecniche della squadra di Miljanić, nella quale Bajevic emerge con una tripletta.
La rassegna per l'undici balcanico termina al secondo turno, dove arrivano tre sconfitte contro i futuri campioni della Germania Ovest, contro la Polonia e contro la Svezia.
Nonostante tutto c'è molta fiducia nell'ambiente per il successivo Europea del 1976, ospitato proprio dalla Jugoslavia.
Bajevic partecipa da spettatore al raggiungimento di un onorevole terzo posto, non venendo preso in considerazione in nessuna delle due partite contro Germania Ovest ed Olanda.
Il suo talento non passa certo inosservato nel resto di Europa e nel 1977 si concretizza il suo trasferimento, proprio nel periodo della sua piena maturità tecnica e personale.
Abbandona l'amato Velez dopo 127 reti segnate nel solo campionato, per diventare l'attaccante di riferimento dei greci dell'AEK Atene.
L'anno in questione è davvero significativo nella sua carriera, dal momento che è quello dove termina il suo rapporto con la nazionale.
Lo score finale è davvero esemplificativo delle sua qualità di realizzatore: 37 partite disputate e 29 reti.
Anche nella capitale greca viene immediatamente insignito del titolo di Principe, in virtù delle straordinarie giocata e delle tante reti segnate nei quattro anni trascorsi con la maglia dei Kitrinomavri.
La bacheca si arricchisce di due titoli nazionali e di una Coppa di Grecia, ottenute grazie allo straordinario contributo dell'attaccante bosniaco, che si toglie anche la soddisfazione di vincere la classifica marcatori nel 1980.
I tifosi gialloneri più attempati ricordano ancora la strepitosa coppia offensiva che quest'ultimo formava con Thomas Mavros, un autentico incubo per ogni difesa.
Nel 1981, a 33 anni, fa ritorno al Velez, per quello che sembra un romantico preambolo della fine della sua carriera.
In realtà Bajevic ha ancora molto da dire e nelle due stagioni disputate segna con buona continuità (22 reti nel solo campionato), portando il suo bottino finale a 170 reti ufficiali in poco meno di 400 partite.
Numeri che spiegano però solo in parte il valore di uno dei giocatori che possono valere da soli il classico "prezzo del biglietto".
La storia di Dusan Bajevic è fatta anche di altre cose ed il prestigioso epiteto di Principe gli conferisce un aurea di assoluta classe.
Giovanni Fasani
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