I grandi calciatori sono tali non solo per le indubbie doti tecniche possedute ma anche, o soprattutto, per il grande senso tattico da loro dimostrato sul rettangolo di gioco.
Il sapere dove posizionarsi per essere utile alla squadra o la capacità di muoversi con perfetto tempismo sono qualità che non si imparano; un calciatore le possiede naturalmente e sono una parte fondamentale di quella grande virtù che è il talento.
Da questo punto di vista José Antonio Piendibene Ferrari può essere considerato un vero e proprio precursore nel ruolo di centravanti arretrato, posizione che gli ha permesso di venire considerato come uno dei giocatori più forti della sua epoca.
Nato nella capitale uruguaiana nel 1890, si mette subito in luce nel Penarol come attaccante destro, dimostrando da subito una tecnica di base sopraffina ed un'incredibile capacità di leggere il gioco prima di tutti.
Con i Carboneros sviluppa un rapporto di autentico amore, tanto che la maglia giallonera resterà l'unica da lui indossata a livello di club.
Il suo esordio avviene a soli 17 anni in un'amichevole giocata dalla squadra uruguaiana contro la Francia: in quell'occasione Piendibene segna una pregevole doppietta che incanta il pubblico accorso, rendendo tutti partecipi delle sue notevoli capacità.
Nel corso della carriera il suo ruolo viene modificato e da mezzala destra arretra il suo raggio d'azione di qualche metro, diventando il vero punto di riferimento del gioco del Penarol.
L'allenatore Juan Harley costruisce il suo famoso gioco "a ventaglio" proprio su di lui, abbassando di molto la sua posizione: in questa mansione Piendibene apre importanti spazi per ali e mezzali ed allo stesso tempo si propone come primo riferimento per i cross di questi ultimi.
Tali movimenti lo rendono un elemento difficile da marcare, in quanto l'allenatore avversario non sa se affidarlo ad un centrocampista o ad un difensore.
Piendibene si fa sempre trovare nel posto giusto e fa sempre la giocata giusta, dimostrando sin da subito un'intelligenza calcistica superiore alla media.
A tali naturali doti si aggiungono un dribbling efficacissimo ed un tiro preciso e potente, che gli permettono di essere letale ed assai temuto nei pressi dell'area di rigore.
Durante la sua militanza nel Penarol vince ben 6 campionati, determinati in buona parte dalle sue giocate e dai suoi gol (253 in 506 partite di campionato).
Ben presto il suo nome inizia a circolare anche negli ambienti della nazionale uruguaiana e nel 1909, a soli 19 anni, viene convocato per la prima volta in carriera.
Con la Celeste si rende protagonista di grandi imprese, stabilendo anche qualche record e togliendosi più di una soddisfazione personale.
Nel 1910 prende parte alla prima grossolana forma di Copa America, in un'edizione mai riconosciuta ufficialmente vinta alla fine dall'Argentina.
Piendibene va a segno in entrambe le partite giocate, ma la sconfitta finale per 4-1 contro l'Albiceleste risulta decisiva per la classifica finale.
Proprio contro gli storici rivali il giovane attaccante ottiene la sua vendetta l'anno successivo, segnando una doppietta nella trionfale vittoria dell'Uruguay per 3-0.
Il suo storico soprannome di El Maestro deriva proprio da questo match, a seguito di una sua spettacolare azione nella quale salta in bello stile tutta la difesa avversaria.
Nel 1916 viene organizzata, finalmente, la prima edizione ufficiale della Copa America in Argentina e l'Uruguay si toglie la grande soddisfazione di vincere il torneo in casa degli acerrimi rivali, prevalendo nella classifica finale.
Per Piendibene c'è la grande soddisfazione di segnare il primo leggendario gol di tale centenaria competizione: il tutto avviene nella partita vinta per 4-0 contro il Cile, dove l'attaccante del Penarol realizza nuovamente una doppietta.
L'anno successivo l'Uruguay mette in palio il titolo appena conquistato, organizzando e dominando letteralmente gli avversari.
Piendibene non scende in campo durante la competizione, ed assiste alle grandi prestazioni di cannonieri quali Carlos Scarone, Hector Scarone ed Angel Romano.
La Celeste cala il tris nel 1920 nell'edizione organizzata dal Cile, dopo che il Brasile si era aggiudicato l'edizione di casa l'anno precedente, battendo in un lunghissimo spareggio proprio l'Uruguay.
Ancora una volta la squadra di Pindibene prevale sull'Argentina per un punto, ed è proprio un suo gol a garantire il pareggio per 1-1 contro l'Albiceleste nel match di apertura.
Durante tutta la sua carriera sembra avere un conto in sospeso contro l'Argentina, tanto da segnarle 17 delle 20 reti da lui realizzate in nazionale. Tale cifra lo rende ancora oggi il massimo cannoniere nella storia del Clasico del Rio de la Plata.
Purtroppo per lui alcuni contrasti con i dirigenti della federazione mettono fine in anticipo alla sua esperienza in nazionale, privandolo della possibilità di partecipare all'Olimpiade del 1924, dove la Celeste si rivela a tutto il mondo.
La sua ultima apparizione avviene nel 1923, quando una sua rete regala all'Uruguay il successo contro il Cile in un incontro amichevole.
Un'altra personale soddisfazione se la toglie nel 1926 con la maglia del Penarol: durante un partita contro l'Espanyol riesce a segnare una rete al leggendario portiere Ricardo Zamora, ritenuto all'epoca praticamente imbattibile.
La carriera di Piendibene termina nel 1928, quando decide di salutare il pubblico dell'Estadio Centenario dopo 20 anni di grandi giocate e gol, per sempre nella memoria di ogni appassionato.
Piendibene è però uno dei classici giocatori amati da tutti gli sportivi uruguaiani, i quali ne hanno sempre apprezzato la classe, il comportamento in campo e, perché no, lo sportivo "accanimento realizzativo" nei confronti dei rivali argentini.
Se per i tifosi dei Carboneros è a dir poco una bandiera, per tutti è semplicemente El Maestro.
Giovanni Fasani
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