Ci sono giocatori che sono passati alla storia per aver dato il proprio nome ad un particolare gesto tecnico, garantendosi così l'immortalità.
Ovviamente la stragrande maggioranza di questi atleti può essere insignita dell'appellativo di campione, perché solamente i grandi giocatori possono creare una giocata nuova o un nuovo modo di interpretarne altre.
Ancora più difficile è inventare qualcosa in epoca più o meno moderna, quando i fondamentali del calcio sono perlopiù definiti e grandi campioni hanno già visto e rivisto gli stessi.
Negli anni '70 il popolo brasiliano ha la fortuna di ammirare una strepitosa ala sinistra, dotata di una tecnica sublime, che gli permette di fare cose fino al tempo mai viste su di un campo di calcio.
Tale prodigioso giocatore risponde al nome di Roberto Rivellino, presto diventato Rivelino, un mix di classe e perizia balistica in grado di dare una dimensione nuova al concetto di "tecnica individuale".
Di origine italiana, precisamente molisana, fin da giovane decide di portare dei folti baffi e la maglia numero 11, suoi storici marchi di fabbrica per tutta la carriera.
Fondamentale per lui è l'esperienza nel calcio a 5, che gli permette di acquisire grande abilità negli spazi stretti e di sviluppare una capacità fuori dal comune con il pallone tra i piedi.
Di questo talento si accorge il Corinthians che lo tessera per le proprie giovanili, dove Rivelino diventa subito un giocatore determinante ed ammirato dal pubblico.
A dire il vero il primo club ad interessarsi a lui è il Palmeiras, che però decide di scartarlo a causa del fisico.
Sin da giovanissimo mette in mostra una nuova e strabiliante giocata, figlia appunto della sua esperienza con il futsal: in Italia è conosciuta come Elastico, mentre in tutto il mondo viene chiamata Flip Flap e consiste nello spostare la palla con lo stesso piede dall'interno all'esterno del piede con grandissima velocità.
Con il passare del tempo tantissimi giocatori si sono specializzati in tale giocata, ma sul finire degli anni '60 quest'ultima manda in totale confusione il difensore opponente ed in estasi il meravigliato pubblico.
A questo aggiunge un repertorio di finte e di dribbling di prim'ordine, che gli consente di saltare l'uomo con irrisoria facilità.
I suoi movimenti sono spontanei e liberi da qualsiasi impostazione tattica, tanto che ama spostarsi dalla corsia di sinistra verso il centro o anche verso destra, rendendo la sua marcatura un vero rebus per qualsiasi allenatore.
Ma Rivelino non incanta solo per la sua tecnica: è in possesso di un tiro mancino potentissimo e preciso, con il quale imprime al pallone traiettorie imparabili.
Le sue conclusioni sono difficilmente neutralizzabili e molte volte sono destinate a finire sotto la traversa o negli angoli bassi, rendendo inutili le opposizioni dei portieri.
Da fermo è un autentico specialista e le sue punizioni diventano un'arma importante e decisiva per la sua squadra.
Più è considerevole la distanza dalla porta più il suo calcio sinistro diventa pericoloso e potente; a tal proposito rifiuta più volte di calciare i rigori, trovandoli "troppo facili" per le sue qualità balistiche (in tutta la carriera ne calcerà solamente 5).
La sua classe lo porta a tentare preferibilmente la sortita personale, ma la sua intelligenza tattica lo rende in grado di servire i compagni con precisi passaggi, il più delle volte nei pressi della porta avversaria.
Più è considerevole la distanza dalla porta più il suo calcio sinistro diventa pericoloso e potente; a tal proposito rifiuta più volte di calciare i rigori, trovandoli "troppo facili" per le sue qualità balistiche (in tutta la carriera ne calcerà solamente 5).
La sua classe lo porta a tentare preferibilmente la sortita personale, ma la sua intelligenza tattica lo rende in grado di servire i compagni con precisi passaggi, il più delle volte nei pressi della porta avversaria.
Se gli si vuole trovare un difetto è quello della mobilità, abbinata ad uno scarso senso del sacrificio, alla quale comunque sopperisce dando un qualitativo contributo alla fase di possesso palla.
Dal 1965 fa il suo esordio con il Corinthians, con il quale, nonostante le ottime prestazioni, non riesce a vincere nulla, salvo un torneo Rio-San Paolo nel 1966.
Nello stesso anno esordisce anche con la nazionale, con la quale prende parte al trionfale Mondiale del 1970.
La Seleçao è assolutamente la squadra più forte del torneo, tanto da imporsi in finale per 4-1 contro l'Italia, mostrando per tutta la manifestazione un livello tecnico elevatissimo.
Il contributo di Rivelino è altamente significativo, grazie alle sue proverbiali giocate ed ai 3 gol, realizzati contro Cecoslovacchia, Perù (quarti di finale) ed Uruguay (semifinale).
La sua realizzazione su punizione contro la formazione cecoslovacca gli vale il soprannome di patada atomica, per la veemenza con la quale piega le mani del malcapitato portiere.
Il successo lo ripaga della frustrazione di non riuscire a portare a casa un trofeo con la maglia del Corinthians.
Nel 1974, a seguito di alcune critiche a lui rivolte dopo una sconfitta contro il Palmeiras, decide di passare al Fluminense, abbandonando i bianconeri dopo 474 partite di campionato, nobilitate da 141 reti.
La sua realizzazione su punizione contro la formazione cecoslovacca gli vale il soprannome di patada atomica, per la veemenza con la quale piega le mani del malcapitato portiere.
Il successo lo ripaga della frustrazione di non riuscire a portare a casa un trofeo con la maglia del Corinthians.
Nel 1974, a seguito di alcune critiche a lui rivolte dopo una sconfitta contro il Palmeiras, decide di passare al Fluminense, abbandonando i bianconeri dopo 474 partite di campionato, nobilitate da 141 reti.
L'anno 1974 è però importante per lui, in quanto con il Brasile è chiamato a difendere il titolo mondiale in Germania, con la squadra brasiliana per la prima volta priva di Pelè dal 1958.
Rivelino è chiamato a vestire i panni del leader in una rappresentativa nettamente inferiore rispetto a quella di quattro anni prima; la responsabilità non gli pesa e dopo l'iniziale gol con lo Zaire, segna il gol decisivo contro la Germania Est ed un altro gol contro l'Argentina.
In quest'ultimo match si carica letteralmente la squadra sulle spalle, giocando davvero a tutto campo, incantando con grandi giocate.
Purtroppo per lui tali prodezze non consentono ai verdeoro di raggiungere la finale, venendo superati nell'ultimo match dalla forte Olanda.
Successivamente arrivano anche le vittore a livello di club, con il Fluminense che riesce a vincere due campionati Carioca nel 1975 e nel 1976.
Arrivato a 30 anni ha la possibilità di scegliere tra la permanenza in patria e lo sbarco in Europa, dalla quale riceve più di un'offerta.
A sorpresa rimane al Fluminense fino al 1978, anno nel quale ha l'opportunità di partecipare al suo terzo Mondiale, ancora una volta con l'etichetta di elemento fondamentale per la sua nazionale.
Per l'occasione abbassa maggiormente la sua posizione calandosi con profitto nel ruolo di regista, guidando al meglio una squadra non entusiasmante, ma di notevole valore.
Il Brasile non raggiunge la finale solamente per la differenza reti sfavorevole rispetto all'Argentina, soprattutto a causa delle interferenze politiche locali, con specifico riferimento alla vittoria dei padroni di casa contro il Perù per 6-0.
La squadra brasiliana si toglie la soddisfazione di arrivare terza a spese dell'Italia, ma Rivelino decide comunque di abbandonare la nazionale dopo 92 partite e 26 reti.
Nello stesso anno decide di tentare l'avventura all'estero, accettando la ricca offerta della squadra saudita dell'Al-Hilal; in tale contesto vince da protagonista un campionato ed una coppa nazionale, ma l'impressione è che la sua carriera sia inevitabilmente al tramonto.
Nel 1981 decide di terminare il suo periodo di attività, lasciando il ricordo di un giocatore unico.
Rivelino è chiamato a vestire i panni del leader in una rappresentativa nettamente inferiore rispetto a quella di quattro anni prima; la responsabilità non gli pesa e dopo l'iniziale gol con lo Zaire, segna il gol decisivo contro la Germania Est ed un altro gol contro l'Argentina.
In quest'ultimo match si carica letteralmente la squadra sulle spalle, giocando davvero a tutto campo, incantando con grandi giocate.
Successivamente arrivano anche le vittore a livello di club, con il Fluminense che riesce a vincere due campionati Carioca nel 1975 e nel 1976.
Arrivato a 30 anni ha la possibilità di scegliere tra la permanenza in patria e lo sbarco in Europa, dalla quale riceve più di un'offerta.
A sorpresa rimane al Fluminense fino al 1978, anno nel quale ha l'opportunità di partecipare al suo terzo Mondiale, ancora una volta con l'etichetta di elemento fondamentale per la sua nazionale.
Per l'occasione abbassa maggiormente la sua posizione calandosi con profitto nel ruolo di regista, guidando al meglio una squadra non entusiasmante, ma di notevole valore.
Il Brasile non raggiunge la finale solamente per la differenza reti sfavorevole rispetto all'Argentina, soprattutto a causa delle interferenze politiche locali, con specifico riferimento alla vittoria dei padroni di casa contro il Perù per 6-0.
La squadra brasiliana si toglie la soddisfazione di arrivare terza a spese dell'Italia, ma Rivelino decide comunque di abbandonare la nazionale dopo 92 partite e 26 reti.
Nello stesso anno decide di tentare l'avventura all'estero, accettando la ricca offerta della squadra saudita dell'Al-Hilal; in tale contesto vince da protagonista un campionato ed una coppa nazionale, ma l'impressione è che la sua carriera sia inevitabilmente al tramonto.
Nel 1981 decide di terminare il suo periodo di attività, lasciando il ricordo di un giocatore unico.
Per giocatori come Rivelino vale la regola di "valere da soli il prezzo del biglietto", in quanto in grado di incantare con un semplice tocco di palla, in attesa di vedere una mirabolante finta o una potentissima conclusione.
In una nazione colma di grandi giocatori il suo nome resta nella memoria di tutti, soprattutto per quanto fatto con la nazionale, dove con grande personalità ha sempre messo la sua classe al servizio della squadra.
Per gli amanti del calcio non resta che vedere e rivedere i video delle sue giocate, tentando, invano, di ripeterle fedelmente.
Giovanni Fasani
Giovanni Fasani
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