L’analisi
delle 32 formazioni a Brasile 2014 prosegue con le cosiddette “rimandate”,
ovvero le squadre che hanno parzialmente deluso o che hanno semplicemente rispettato le
non ottimistiche previsioni della vigilia.
Questa
categoria funge quindi da intramezzo tra le protagoniste positive del Mondiale
e le rappresentative che hanno fallito i propri obbiettivi, fornendo pessime
prestazioni.
Partiamo
con la nostra valutazione dalla squadra ospitante, che da papabile vincitrice
del torneo si ritrova a fare i conti con uno dei momenti più bui della sua
storia.
BRASILE: dopo il
Maracanazo arriva un’altra cocente delusione per i tifosi brasiliani, dovuta
alla pesante sconfitta in semifinale contro la Germania per 7-1.
Da
quel momento gli uomini di Scolari
sembrano cadere in un autentico baratro tecnico e mentale, concluso con la
successiva sconfitta contro l’Olanda nella finale per il terzo posto.
Fino
all’infortunio la stella annunciata Neymar
riesce a trascinare i compagni con i gol e giocate di alto livello, coprendo anche i limiti di gioco della sua squadra.
La sua forzata dipartita priva il Brasile del proprio punto di riferimento, dimostrando tutta la pochezza del pacchetto offensivo, dove Fred sembra essere al culmine della carriera e Jo assolutamente inadeguato al livello della competizione.
La sua forzata dipartita priva il Brasile del proprio punto di riferimento, dimostrando tutta la pochezza del pacchetto offensivo, dove Fred sembra essere al culmine della carriera e Jo assolutamente inadeguato al livello della competizione.
A
ridosso delle punte si alternano una serie di giocatori che solo saltuariamente
riescono a dare un sostanzioso contributo, limitati dalla pressione e da
qualche limite tecnico.
Hulk ricalca in pieno tale
descrizione, risultando molto prevedibile nella ricerca della conclusione,
sfruttando il suo sinistro potente, ma quasi mai preciso.
A
tratti Oscar sembra dare prova del suo notevole talento, salvo talvolta
perdersi, un po’ offuscato dalla luce di Neymar ed infine travolto dal caotico
e pessimo finale di Mondiale.
Nella
fase mediani si fa apprezzare Luiz
Gustavo, brasiliano atipico dal gran senso tattico ed in grado di rompere
sul nascere le iniziative avversarie.
Accanto
a lui gioca inizialmente il deludente Paulinho,
non inserito negli schemi e non adatto ai compiti affidategli dallo staff
tecnico. A torneo in corso gli viene preferito Fernandinho, che dopo un ottimo esordio incappa in una disastrosa prestazione
in semifinale.
La
squadra sudamericana presenta una difesa composta da nomi
importanti, ma che da subito intepretano male la suddetta fase; Dani Alves e Marcelo, fuori luogo nel ruolo
di esterni bassi, si trovano a disagio nei compiti di marcatura ed appaiono
svagati nei relativi movimenti della linea difensiva. Tale scarsa inclinazione
è visibile già dalla prime partite, tanto che al posto del giocatore blaugrana
viene preferito Maicon nei
successivi impegni.
David Luiz viene
impostato come centrale difensivo, dimostrandosi sicuro ed anche valido in impostazione, così come pronto a spingersi in avanti (sua la rete negli ottavi di finale contro il Cile). Grazie alla sua abilità
tecnica è temibile sui calci di punizione ed in tal senso si ricorda il gran
gol segnato contro la Colombia nei quarti di finale.
Dalla
semifinale in poi sembra, però, un altro giocatore: contro la Germania perde le
misure e la sicurezza abituale, risultando sempre in affanno e costantemente
distante dall’avversario. Prosegue il momento negativo contro l’Olanda,
nonostante il rientro di Thiago Silva.
Quest’ultimo
è il capitano e leader della squadra e per tutto il torneo è impegnato a
sopperire alle mancanze dei compagni di reparto, finendo per andare in difficoltà nell'ultimo match.
Tra
i pali Julio Cesar si esalta nella lotteria dei calci di rigore con il Cile parandone due, ma nelle altre partite
non trasmette la solita sicurezza.
L’allenatore
brasiliano non si dimostra flessibile ai cambiamenti e nonostante le evidenti
difficoltà non varia l’assetto tattico, insistendo con un modulo che mal
protegge la difesa e mal si adatta alle caratteristiche di certi interpreti.
Con
tutti questi problemi e difetti, il quarto posto sembra un risultato
accettabile, nonostante le attese di tifosi e media.
AUSTRALIA: sembra
strano non includere nelle delusioni una squadra che ha chiuso il girone con 0
punti, ma l’Australia, etichettata come la meno competitiva del Mondiale, non
ha completamente sfigurato contro avversarie più forti.
Tolta
la netta sconfitta contro la Spagna, contro Cile e Olanda ha espresso
prestazioni volenterose e positive, sfiorando anche l’ottenimento di un
risultato positivo .
In
particolare contro gli arancioni la squadra di Postecoglou passa addirittura in vantaggio, prima di subire la
rimonta, facilitata anche da un’incertezza del portiere Ryan, mai veramente sicuro tra i pali.
Tra
i giocatori di movimento spicca Tim
Cahill, impostato come unico
centravanti e rivelatosi fortissimo sulla palle alte. Di lui si ricorda uno
strepitoso gol contro l’Olanda, realizzato con uno straordinario sinistro al
volo.
Positivo anche il contributo di Thomas Oar, esterno sinistro dalla gran velocità, ma ancora da affinare dal punto di vista tecnico.
Positivo anche il contributo di Thomas Oar, esterno sinistro dalla gran velocità, ma ancora da affinare dal punto di vista tecnico.
Sulla
fascia opposta si distingue Leckie, in
grado di assicurare un spinta costante, ma talvolta
inconcludente al momento di servire i compagni.
A
centrocampo sembra mancare un po’ di qualità, con il solo compassato Jedinak a garantire geometrie e
fosforo.
Ultima
grande competizione per Mark Bresciano,
arrivato alla fine di una notevole carriera.
Nel
reparto difensivo sono visibili le pecche più evidenti, causate da un scarsa
esperienza dei vari elementi, che non sono sembrati idonei alla competizione
mondiale. Tali limiti sono stati evidenziati maggiormente da giocatori come Spiranovic e Davidson, in difficoltà al cospetto di avversari di altissimo livello.
L’Australia
ha tentato di sopperire agli evidenti limiti tecnici con l’agonismo e la
fisicità, ma nel momento decisivo la superiorità degli avversari ha fatto la
differenza.
Lavorando con attenzione
su tali aspetti ed aspettando la crescita di altri talenti, potrebbe esserci un salto di qualità a Russia 2018.
URUGUAY: le fortune della squadra di Tabarez erano affidate principalmente alla coppia formata da Cavani e Suarez, in assoluto una delle più forti del Mondiale.
Il primo si è sacrificato in un lavoro prezioso per la sqaudra, che lo ha visto partire molto distante dalla porta, anche quando è stato schierato come principale terminale offensivo.
Suarez, seppur condizionato da un infortunio, ha deciso il match con l'Inghilterra con una pregevole doppietta, a dimostrazione del fatto di saper essere decisivo.
Contro l'Italia è incappato nuovamente nel morso ad un avversario, a riprova dei suoi limiti caratteriali, soprattutto per il fatto che si tratta di una "ricaduta", essendosi già reso protagonista di tale deprecabile comportamento.
La sua assenza contro la Colombia a causa della squalifica, ha tolto all'Uruguay quell'imprevedibilità e quei movimenti da sempre marchio di fabbrica del nuovo attaccante del Barcellona.
Le alternative non si sono dimostrate all'altezza, con Forlan ormai a fine carriera e Stuani non accumanabile ai titolari in termini di mobilità e tecnica.
La compagine uruguagia ha evidenziato limiti tecnici a centrocampo, dove Arevalo Rios e Gargano si sono dimostrati abili nell'interdizione, ma modesti in fase di costruzione del gioco.
Per ovviare a tale difetto, Tabarez ha provato ad inserire Lodeiro, una delle eterne promesse di questa nazionale, non riuscendo però ad ottenere in pieno il contributo richiestogli.
Non sempre positivo Christian Rodriguez, il quale solo in parte è riuscito a creare la superiorità numerica e a garantire palloni utili al reparto avanzato.
La povertà di alternative ha limitato le scelte dell'esperto allenatore, che, fedele alla storia della Celeste, ha fatto dell'attesa e delle ripartenze la strategia principale.
Un altro punto forte doveva essere la difesa, comandata da Godin, reduce da una strepitosa stagione nell'Atletico Madrid. A dispetto delle attese il suo contributo non è stato del livello sperato, specie nelle partite contro Costa Rica e Colombia. Di lui si ricorda il gol decisivo contro l'Italia, partite nella quale ha offerto il rendimento maggiore del torneo.
Accanto a lui Caceres ha mostrato i soliti limiti, nonostante le discrete prestazioni offerte.
La vera nota positiva del reparto è Josè Maria Gimenez, giovanissimo centrale difensivo che ha impressionato per sicurezza e mezzi fisici.
La stiracchiata sufficienza deriva dai vari problemi palesati e dall'aver affrontato negli ottavi una Colombia superiore, giudata da un James Rodriguez in stato di grazia.
FRANCIA: la squadra di Deschamps si presentava al via con un buon mix di giocatori giovani ed affermati vetarani, con l'intento di dimenticare il pessimo risultato del torneo del 2010.
Perso alla vigilia Ribery, il peso dell'attacco è andato sulle spalle di Benzema, che dopo le brillanti prestazioni nel girone ha smesso di segnare, anche per merito di un grande Neuer nei quarti di finale. In assoluto il suo rendimento è però andato a diminuire, forse anche per il fatto di essere un po' troppo solo.
Tale discorso può valere per tutta la squadra; contro la Svizzera la Francia ha dato una dimostrazione di superiorità schiacciante, salvo poi calare di livello contro la Nigeria ed in parte contro la più forte Germania.
Accanto a lui si sono alternati Griezmann e Giroud a seconda della esigenze, ma entrambi non hanno lasciato più di tanto il segno.
Molto meglio ha fatto Valbuena, piccolo esterno dal passo rapido e dalle ottime qualità tecniche, in grado di garantire giocate per tutta la durata del match.
Pogba è stato votato miglior giovane del Mondiale e senza entrare nel merito della scelta, la sua crescita è costante, sorprendendo per personalità e completezza tecnico-tattica.
Accanto a lui sia Cabaye che Matuidi hanno offerto un positivo contributo, dimostrando i movimenti collaudati nel Paris Saint Germaian.
Al centrocampo francese è forse mancato un playmaker, ovvero il classico giocatore che dettasse i tempi e garantisse geometrie in mezzo a tanta fisicità ed agonismo.
La difesa ha evidenziato qualche limite, specie al centro, dove Koscielny e Sakho non sono sembrati sicurissimi e Varane non ha dimostrato quella crescita che sembrava certa nella scorsa stagione.
Forse un maggior utilizzo di Mangala avrebbe dato quella rapidità che è sembrata essere carente nella retroguardia transalpina.
Sugli esterni Debuchy e Evra hanno interpretato il ruolo con abnegazione ed intelligenza, dimostrandosi tra i più positivi della spedizione.
La brillantezza di gioco offerta è stata una delle cose migliori della competizione e, sicuramente, con Ribery la competitivià degli uomini di Deschamps sarebbe cresciuta notevolmente.
Tra due anni nell'Europeo in casa, la Francia si presenterà "rodata" da questa esperienza, con i propri giovani in grado di fare in pieno la differenza.
SVIZZERA: la squadra di Hitzfeld si presentava al via con una folta rappresentanza di giocatori militanti in Italia e con una serie di giovani alla prima grande esprienza internazionale.
Da questi ultimi ha avuto un contributo altalenante, considerando che Drmic, Mehmedi e Seferovic non sembrano essere ancora punte di riferimento di grande livello, nonostante gli ultimi due abbiano deciso la sfida con l'Ecuador.
La mancanza di una punta esperta e di peso è stata una delle principali lacune della squadra, vanificando gli sforzi del commissario tecnico nel ruotare gli elementi a disposizione.
Molto valide le prestazioni di Xhaka, giocatore davvero completo e dotato di notevole tecnica, il quale a sprazzi ha dato prova di potersi espirmere in più zone del campo.
Nella decisiva gara contro l'Honduras ha impressionato con una tripletta Shaqiri, giovane talento dal Bayern Monaco in possesso di un piede sinistro preciso e di un dribbling ubriacante, ma non ancora continuo e non inquadrabile tatticamente.
Il centrocampo, sorretto da Inler, Dzemaili e Behrami, ha dato prova di grande compatezza e, salvo la partita contro la Francia, è stato in assoluto il reparto cardine della squadra.
Tale reparto ha dato ottima copertura alla difesa, apparsa un po' statica, anche se positiva in elementi come Ricardo Rodriguez, esterno sinistro classe 1995 dalla buona personalità e dai notevoli mezzi.
L'altro esterno, Lichtsteiner, non ha dato il contributo sperato, andando un po' in difficoltà negli ottavi di finale e pagando, probabilmente, la pesante stagione nella Juventus.
Contro l'Argentina la squadra ha giocato una buona partita e solo la prodezza di Di Maria l'ha estromessa dal Mondiale, nel contesto di un incontro dove si è messo in mostra il portiere Benaglio. Tale eliminazione assume i connotati della beffa se si pensa a come è arrivata ,ed alla clamorosa carambola finale a seguito del palo di Dzemaili.
Nel complesso tolto il 2-5 subito dalla Francia, la Svizzera ha dato prova di buoni fondamentali e se i giovani completeranno la loro maturazione, la squadra elvetica potrà essere una mina vagante per i prossimi tornei. Per quanto riguarda il 2014 l'essere uscita con onore contro i vicecampioni può essere ritenuto un accettabile punto di partenza per il futuro.
ECUADOR: l'obiettivo della squadra sudamericana era quello di fungere da guastafeste tra Francia e Svizzera per il passaggio del turno.
Sin dall'esordio contro la squadre elvetica, la squadra di Rueda ha dimostrato di poter meritarsi quel ruolo, grazie a condotte di gara accorte ed a giocatori dinamici e fidelizzati al volere del tecnico.
Anche nelle successive partite, la squadra "moralmente" rappresentata dall'esperto difensore Walter Ayovi ha venduto cara la pelle, battendo l'Honduras e paraggiando 0-0 contro la Francia , potendo solo rammaricarsi per aver perso il match contro la Svizzera al 93° minuto.
Nel complesso di una compagine così organizzata, spicca la prova di Enner Valencia, attaccante autore di tutti e 3 i gol segnati dall'Ecuador al Mondiale. In tale competizione si è dimostrato centravanti completo, veloce e tecnico quanto valido nel gioco aereo.
Altro elemento di valore è Jefferson Montero rapido esterno in grado di saltare con facilità l'uomo ed instancabile ad accompagnare con continuità la fase offensiva.
Entrambi i giocatori sono protagonisti del campionato messicano, sembrano pronti per l'avventura nello stimolante campionato europeo; a ripreova di ciò, Valencia è stato appena acquistato dal West Ham.
Ci si aspettava qualcosa in più da Antonio Valencia, giocatore del Manchester United che non è riuscito a dare quel contributo aggiuntivo che un giocatore della sua esperienza dovrebbe dare. Inoltre la sua espulsione al 50° contro la Francia ha di fatto messo fine alle velleità di qualificazione in anticipo.
Rueda ha quindi puntato su di un centrocampo robusto ed affidabile, ottiamamente schierato a sostegno di una difesa valida nel gioco aereo, ma carente dal punto di vista dinamico.
Adibiti a questo compito erano Noboa e Minda, che, con l'aiuto degli esterni, hanno dato prova di abnegazione ed hanno interpretato nel dettaglio quanto richiesto dal commissario tecnico.
L'aver capito i propri limiti e l'aver giocato con estremo acume, ha consentito alla squadra sudamericana di ben figurare, uscendo al primo turno in modo anche fortuito e non pienamente meritato.
IRAN: con Carlos Queiroz in panchina i tifosi iraniani si aspettavano una crescita della propria nazionale, "rafforzata" anche da Ghoochannejhad, Davari, e Dejagah, giocatori nati in altre nazioni, ma convocati dal tecnico portoghese.
Tali giocatori hanno dato il contributo sperato, andando a garantire quella maggiore esperienza alla maggior parte dei compagni, non avvezzi a competizioni di tale livello.
Se l'esordio con la Nigeria può rappresentare una delusione per la qualità di gioco offerta, la successiva gara contro l'Argentina è ottimamente giocata dagli uomini di Queiroz.
Durante questa partita la squadra capitanata dall'ottimo Nekounam viene condannata solo da una magia di Messi al 91°, dopo aver impegnato più volte il portiere Romero.
Squadra corta ed esterni abili negli inserimenti offensivi sono la tattica attuata, con Ghoochannejhad come unica punta ad aprire gli spazi per le incursioni dei centrocampisti.
Tale positiva disposizione non sortisce gli effetti desiderati nell'ultima gara con la Bosnia, persa per 3-1 e complessivamente mal intepretata da tutta la compagine.
La necessità di puntare su 4 difensori tutti militanti nel campionato iraniano (Hosseini, Hajafi, Pooladi e Sadeqi) segna la differenza in questo match, deciso dalla classe di Dzeko e Pjanic.
A centrocampo viene messa in evidenza la pochezza nella costruzione, con Nekounam e Shojaei non idonei all'impostazione dell'azione.
A nulla serve l'unico gol iraniano nel Mondiale di Ghoochannejhad, valido unicamente a confermare il discreto valore del centravanti del Charlton.
Una certa sterilità offensiva contro difese schierate è sembrato essere un altro limite, con Queiroz che ha concesso pochissimo spazio agli altri attaccanti in rosa e solo con la Bosnia ha inserito Ansarifard a sostegno dell'unico terminale offensivo.
Considerati i limiti tecnici e le difficoltà per i giocatori iraniani di giocare partite ufficiali a causa delle sanzioni politiche, l'essere arrivati all'ultima partita con speranze di qualificazione si può ritenere una prestazione accettabile.
NIGERIA: il raggiungimento degli ottavi di finale è il coronamento del buon lavoro fatto dal tecnico Keshi, che sembra aver disciplinato una squadra di buon valore, ma nel complesso meno talentuosa delle precedenti spedizioni mondiali.
La Nigeria si dimostra più abile in contenimento che in fase offensiva, grazie ad un centrocampo robusto, comandato da John Obi Mikel e sorretto dall'ottimo Onazi.
La fase offensiva viene affidata a Odemwingie , Emenike e Musa.
Il primo si rivela discreto attaccante, abile a svariare su tutto il fronte offensivo e decisivo nel segnare l'importante rete contro la Bosnia nell'1-0 finale.
Emenike non è riuscito a rispettare le positive previsioni della vigilia, che lo vedevano come la punta principale della selezione africana.
Musa ha invece impressionato nel match contro l'Argentina, realizzando una bella doppietta e dimostrandosi come uno dei giovani più interessanti della rassegna.
Una buona alternativa tattica si è rilevata Moses del Liverpool, con il compito di collante esterno tra cantrocampo ed attacco, nonstante sia stato utlizzato solo in 2 gare.
La difesa è apparsa discretamente organizzata, puntellata da elementi solidi e dinamici, ma non sempre irreprensibili nelle marcature. In tal senso l'ingresso del capitano storico Yobo dalla seconda partita ha dato qualche certezza in più in termini di posizionamento e gestione della linea difensiva.
Tra gli esterni si ben disimpegnato Ambrose, confermando quanto di buono mette in mostra nel Celtic.
Nel sfida degli ottavi contro la Francia si è notata una notevole differenza di caratura tra le due squadre, che solo la bravura del portiere Enyeama ha reso meno pesante.
Il portiere africano può essere indicato come uno dei massimi interpreti del Mondiale, anche per la sicurezza che riesce a dare al reparto.
Nonostante ciò, solo nel secondo tempo gli uomini di Keshi hanno ceduto ai transalpini, dopo una prima frazione giocata alla pari e con un atteggiamento tattico oculato ed efficace.
Un Mondiale di questo livello sembra essere il massimo risultato possibile per la squadra in questione.
Tra 2 giorni scopriremo quali squadre hanno veramente deluso nel Mondiale appena concluso, dopo aver celebrato le promosse ed analizzato le rimandate.
Il primo si è sacrificato in un lavoro prezioso per la sqaudra, che lo ha visto partire molto distante dalla porta, anche quando è stato schierato come principale terminale offensivo.
Suarez, seppur condizionato da un infortunio, ha deciso il match con l'Inghilterra con una pregevole doppietta, a dimostrazione del fatto di saper essere decisivo.
Contro l'Italia è incappato nuovamente nel morso ad un avversario, a riprova dei suoi limiti caratteriali, soprattutto per il fatto che si tratta di una "ricaduta", essendosi già reso protagonista di tale deprecabile comportamento.
La sua assenza contro la Colombia a causa della squalifica, ha tolto all'Uruguay quell'imprevedibilità e quei movimenti da sempre marchio di fabbrica del nuovo attaccante del Barcellona.
Le alternative non si sono dimostrate all'altezza, con Forlan ormai a fine carriera e Stuani non accumanabile ai titolari in termini di mobilità e tecnica.
La compagine uruguagia ha evidenziato limiti tecnici a centrocampo, dove Arevalo Rios e Gargano si sono dimostrati abili nell'interdizione, ma modesti in fase di costruzione del gioco.
Per ovviare a tale difetto, Tabarez ha provato ad inserire Lodeiro, una delle eterne promesse di questa nazionale, non riuscendo però ad ottenere in pieno il contributo richiestogli.
Non sempre positivo Christian Rodriguez, il quale solo in parte è riuscito a creare la superiorità numerica e a garantire palloni utili al reparto avanzato.
La povertà di alternative ha limitato le scelte dell'esperto allenatore, che, fedele alla storia della Celeste, ha fatto dell'attesa e delle ripartenze la strategia principale.
Un altro punto forte doveva essere la difesa, comandata da Godin, reduce da una strepitosa stagione nell'Atletico Madrid. A dispetto delle attese il suo contributo non è stato del livello sperato, specie nelle partite contro Costa Rica e Colombia. Di lui si ricorda il gol decisivo contro l'Italia, partite nella quale ha offerto il rendimento maggiore del torneo.
Accanto a lui Caceres ha mostrato i soliti limiti, nonostante le discrete prestazioni offerte.
La vera nota positiva del reparto è Josè Maria Gimenez, giovanissimo centrale difensivo che ha impressionato per sicurezza e mezzi fisici.
La stiracchiata sufficienza deriva dai vari problemi palesati e dall'aver affrontato negli ottavi una Colombia superiore, giudata da un James Rodriguez in stato di grazia.
FRANCIA: la squadra di Deschamps si presentava al via con un buon mix di giocatori giovani ed affermati vetarani, con l'intento di dimenticare il pessimo risultato del torneo del 2010.
Perso alla vigilia Ribery, il peso dell'attacco è andato sulle spalle di Benzema, che dopo le brillanti prestazioni nel girone ha smesso di segnare, anche per merito di un grande Neuer nei quarti di finale. In assoluto il suo rendimento è però andato a diminuire, forse anche per il fatto di essere un po' troppo solo.
Tale discorso può valere per tutta la squadra; contro la Svizzera la Francia ha dato una dimostrazione di superiorità schiacciante, salvo poi calare di livello contro la Nigeria ed in parte contro la più forte Germania.
Accanto a lui si sono alternati Griezmann e Giroud a seconda della esigenze, ma entrambi non hanno lasciato più di tanto il segno.
Molto meglio ha fatto Valbuena, piccolo esterno dal passo rapido e dalle ottime qualità tecniche, in grado di garantire giocate per tutta la durata del match.
Pogba è stato votato miglior giovane del Mondiale e senza entrare nel merito della scelta, la sua crescita è costante, sorprendendo per personalità e completezza tecnico-tattica.
Accanto a lui sia Cabaye che Matuidi hanno offerto un positivo contributo, dimostrando i movimenti collaudati nel Paris Saint Germaian.
Al centrocampo francese è forse mancato un playmaker, ovvero il classico giocatore che dettasse i tempi e garantisse geometrie in mezzo a tanta fisicità ed agonismo.
La difesa ha evidenziato qualche limite, specie al centro, dove Koscielny e Sakho non sono sembrati sicurissimi e Varane non ha dimostrato quella crescita che sembrava certa nella scorsa stagione.
Forse un maggior utilizzo di Mangala avrebbe dato quella rapidità che è sembrata essere carente nella retroguardia transalpina.
Sugli esterni Debuchy e Evra hanno interpretato il ruolo con abnegazione ed intelligenza, dimostrandosi tra i più positivi della spedizione.
La brillantezza di gioco offerta è stata una delle cose migliori della competizione e, sicuramente, con Ribery la competitivià degli uomini di Deschamps sarebbe cresciuta notevolmente.
Tra due anni nell'Europeo in casa, la Francia si presenterà "rodata" da questa esperienza, con i propri giovani in grado di fare in pieno la differenza.
SVIZZERA: la squadra di Hitzfeld si presentava al via con una folta rappresentanza di giocatori militanti in Italia e con una serie di giovani alla prima grande esprienza internazionale.
Da questi ultimi ha avuto un contributo altalenante, considerando che Drmic, Mehmedi e Seferovic non sembrano essere ancora punte di riferimento di grande livello, nonostante gli ultimi due abbiano deciso la sfida con l'Ecuador.
La mancanza di una punta esperta e di peso è stata una delle principali lacune della squadra, vanificando gli sforzi del commissario tecnico nel ruotare gli elementi a disposizione.
Molto valide le prestazioni di Xhaka, giocatore davvero completo e dotato di notevole tecnica, il quale a sprazzi ha dato prova di potersi espirmere in più zone del campo.
Nella decisiva gara contro l'Honduras ha impressionato con una tripletta Shaqiri, giovane talento dal Bayern Monaco in possesso di un piede sinistro preciso e di un dribbling ubriacante, ma non ancora continuo e non inquadrabile tatticamente.
Il centrocampo, sorretto da Inler, Dzemaili e Behrami, ha dato prova di grande compatezza e, salvo la partita contro la Francia, è stato in assoluto il reparto cardine della squadra.
Tale reparto ha dato ottima copertura alla difesa, apparsa un po' statica, anche se positiva in elementi come Ricardo Rodriguez, esterno sinistro classe 1995 dalla buona personalità e dai notevoli mezzi.
L'altro esterno, Lichtsteiner, non ha dato il contributo sperato, andando un po' in difficoltà negli ottavi di finale e pagando, probabilmente, la pesante stagione nella Juventus.
Contro l'Argentina la squadra ha giocato una buona partita e solo la prodezza di Di Maria l'ha estromessa dal Mondiale, nel contesto di un incontro dove si è messo in mostra il portiere Benaglio. Tale eliminazione assume i connotati della beffa se si pensa a come è arrivata ,ed alla clamorosa carambola finale a seguito del palo di Dzemaili.
Nel complesso tolto il 2-5 subito dalla Francia, la Svizzera ha dato prova di buoni fondamentali e se i giovani completeranno la loro maturazione, la squadra elvetica potrà essere una mina vagante per i prossimi tornei. Per quanto riguarda il 2014 l'essere uscita con onore contro i vicecampioni può essere ritenuto un accettabile punto di partenza per il futuro.
ECUADOR: l'obiettivo della squadra sudamericana era quello di fungere da guastafeste tra Francia e Svizzera per il passaggio del turno.
Sin dall'esordio contro la squadre elvetica, la squadra di Rueda ha dimostrato di poter meritarsi quel ruolo, grazie a condotte di gara accorte ed a giocatori dinamici e fidelizzati al volere del tecnico.
Anche nelle successive partite, la squadra "moralmente" rappresentata dall'esperto difensore Walter Ayovi ha venduto cara la pelle, battendo l'Honduras e paraggiando 0-0 contro la Francia , potendo solo rammaricarsi per aver perso il match contro la Svizzera al 93° minuto.
Nel complesso di una compagine così organizzata, spicca la prova di Enner Valencia, attaccante autore di tutti e 3 i gol segnati dall'Ecuador al Mondiale. In tale competizione si è dimostrato centravanti completo, veloce e tecnico quanto valido nel gioco aereo.
Altro elemento di valore è Jefferson Montero rapido esterno in grado di saltare con facilità l'uomo ed instancabile ad accompagnare con continuità la fase offensiva.
Entrambi i giocatori sono protagonisti del campionato messicano, sembrano pronti per l'avventura nello stimolante campionato europeo; a ripreova di ciò, Valencia è stato appena acquistato dal West Ham.
Ci si aspettava qualcosa in più da Antonio Valencia, giocatore del Manchester United che non è riuscito a dare quel contributo aggiuntivo che un giocatore della sua esperienza dovrebbe dare. Inoltre la sua espulsione al 50° contro la Francia ha di fatto messo fine alle velleità di qualificazione in anticipo.
Rueda ha quindi puntato su di un centrocampo robusto ed affidabile, ottiamamente schierato a sostegno di una difesa valida nel gioco aereo, ma carente dal punto di vista dinamico.
Adibiti a questo compito erano Noboa e Minda, che, con l'aiuto degli esterni, hanno dato prova di abnegazione ed hanno interpretato nel dettaglio quanto richiesto dal commissario tecnico.
L'aver capito i propri limiti e l'aver giocato con estremo acume, ha consentito alla squadra sudamericana di ben figurare, uscendo al primo turno in modo anche fortuito e non pienamente meritato.
IRAN: con Carlos Queiroz in panchina i tifosi iraniani si aspettavano una crescita della propria nazionale, "rafforzata" anche da Ghoochannejhad, Davari, e Dejagah, giocatori nati in altre nazioni, ma convocati dal tecnico portoghese.
Tali giocatori hanno dato il contributo sperato, andando a garantire quella maggiore esperienza alla maggior parte dei compagni, non avvezzi a competizioni di tale livello.
Se l'esordio con la Nigeria può rappresentare una delusione per la qualità di gioco offerta, la successiva gara contro l'Argentina è ottimamente giocata dagli uomini di Queiroz.
Durante questa partita la squadra capitanata dall'ottimo Nekounam viene condannata solo da una magia di Messi al 91°, dopo aver impegnato più volte il portiere Romero.
Squadra corta ed esterni abili negli inserimenti offensivi sono la tattica attuata, con Ghoochannejhad come unica punta ad aprire gli spazi per le incursioni dei centrocampisti.
Tale positiva disposizione non sortisce gli effetti desiderati nell'ultima gara con la Bosnia, persa per 3-1 e complessivamente mal intepretata da tutta la compagine.
La necessità di puntare su 4 difensori tutti militanti nel campionato iraniano (Hosseini, Hajafi, Pooladi e Sadeqi) segna la differenza in questo match, deciso dalla classe di Dzeko e Pjanic.
A centrocampo viene messa in evidenza la pochezza nella costruzione, con Nekounam e Shojaei non idonei all'impostazione dell'azione.
A nulla serve l'unico gol iraniano nel Mondiale di Ghoochannejhad, valido unicamente a confermare il discreto valore del centravanti del Charlton.
Una certa sterilità offensiva contro difese schierate è sembrato essere un altro limite, con Queiroz che ha concesso pochissimo spazio agli altri attaccanti in rosa e solo con la Bosnia ha inserito Ansarifard a sostegno dell'unico terminale offensivo.
Considerati i limiti tecnici e le difficoltà per i giocatori iraniani di giocare partite ufficiali a causa delle sanzioni politiche, l'essere arrivati all'ultima partita con speranze di qualificazione si può ritenere una prestazione accettabile.
NIGERIA: il raggiungimento degli ottavi di finale è il coronamento del buon lavoro fatto dal tecnico Keshi, che sembra aver disciplinato una squadra di buon valore, ma nel complesso meno talentuosa delle precedenti spedizioni mondiali.
La Nigeria si dimostra più abile in contenimento che in fase offensiva, grazie ad un centrocampo robusto, comandato da John Obi Mikel e sorretto dall'ottimo Onazi.
La fase offensiva viene affidata a Odemwingie , Emenike e Musa.
Il primo si rivela discreto attaccante, abile a svariare su tutto il fronte offensivo e decisivo nel segnare l'importante rete contro la Bosnia nell'1-0 finale.
Emenike non è riuscito a rispettare le positive previsioni della vigilia, che lo vedevano come la punta principale della selezione africana.
Musa ha invece impressionato nel match contro l'Argentina, realizzando una bella doppietta e dimostrandosi come uno dei giovani più interessanti della rassegna.
Una buona alternativa tattica si è rilevata Moses del Liverpool, con il compito di collante esterno tra cantrocampo ed attacco, nonstante sia stato utlizzato solo in 2 gare.
La difesa è apparsa discretamente organizzata, puntellata da elementi solidi e dinamici, ma non sempre irreprensibili nelle marcature. In tal senso l'ingresso del capitano storico Yobo dalla seconda partita ha dato qualche certezza in più in termini di posizionamento e gestione della linea difensiva.
Tra gli esterni si ben disimpegnato Ambrose, confermando quanto di buono mette in mostra nel Celtic.
Nel sfida degli ottavi contro la Francia si è notata una notevole differenza di caratura tra le due squadre, che solo la bravura del portiere Enyeama ha reso meno pesante.
Il portiere africano può essere indicato come uno dei massimi interpreti del Mondiale, anche per la sicurezza che riesce a dare al reparto.
Nonostante ciò, solo nel secondo tempo gli uomini di Keshi hanno ceduto ai transalpini, dopo una prima frazione giocata alla pari e con un atteggiamento tattico oculato ed efficace.
Un Mondiale di questo livello sembra essere il massimo risultato possibile per la squadra in questione.
Tra 2 giorni scopriremo quali squadre hanno veramente deluso nel Mondiale appena concluso, dopo aver celebrato le promosse ed analizzato le rimandate.
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