lunedì 21 luglio 2014

BRASILE 2014: LE PROMOSSE

Partiamo oggi con la prima delle tre puntate dedicate al mondiale brasiliano da poco terminato. Andremo brevemente ad analizzare le 32 protagoniste suddividendole in 3 categorie: promosse, rimandate e bocciate.
In questa prima parte spazio alle nazionali da semaforo verde, cominciando, ovviamente, da chi ha sollevato la coppa.

GERMANIA: finalmente ce l'ha fatta. La Germania di Joachim Low si laurea per la quarta volta campione del mondo (la prima affermazione senza "ovest") dopo i trionfi del 1954, 1974 e 1990. Al mondiale brasiliano arriva una squadra rodata con l'inserimento di tanti giovani promettenti che potranno scrivere la storia ancora per molti anni.
Il trionfo tedesco non è nient'altro che la naturale conclusione (passatemi il termine, visto che per molti è un inizio) di un percorso iniziato qualche tempo fa; qualcuno aveva dubbi all'inizio su un possibile trionfo teutonico, il Bayern Monaco non si era ripetuto a livello europeo e qualche mugugno si è levato, di conseguenza, sulla spedizione mondiale. Ed invece il capitano silenzioso Lahm, l'eroico Schweinsteiger, la saracinesca Neuer più i vari Mertesacker e Hummels (2 gol nel torneo) si sono ben amalgamati con la "nuova generazione", quella di Gotze che fino al gol della finale era stato abbastanza opaco, ma che come abbiamo visto è stato bravo ad essere al posto giusto al momento giusto. Schurrle che ha una capacità di entrare in partita che a pochi ho visto. Ozil che pur coi suoi momenti di appannamento è riuscito a dare il suo contributo. Muller, 25 anni sulla carta d'identità ma un'esperienza da ultra quarantenne (a proposito, secondo mondiale, seconda cinquina) che sa fare tutto in fase offensiva, sgomita, crea spazio, ha tiro, colpisce di testa, gioca per i compagni; completissimo! Citiamo anche Reus e Gundogan nella new generation, rimasti in Germania a causa degli infortuni. I gregari Howedes, Mustafi che sulle fasce hanno corso come matti. Come non citare poi Khedira e Kroos, due che a centrocampo fanno sentire il loro peso in ogni zona, coprendo e correndo. Boateng che nella finale ha a tratti sopperito alla stanchezza di Hummels. Lo sfortunato Kramer (titolare al Maracanà visto l'infortunio di Khedira) che ha abbandonato il campo dopo pochi minuti. Ed ultimo, ma non certo per importanza, il re dei bomber, Miroslav Klose, 16 gol totali in 4 edizioni dal 2002 ad oggi e nuovo capocannoniere di tutta la storia dei mondiali. Un attaccante che lavora molto per la squadra e trova sempre la zampata giusta, nonostante lo si veda magari poco nel vivo dell'azione.
Un trionfo di gruppo, di un gruppo che è partito da zero e ha saputo arrivare a certi livelli col lavoro ed il sacrificio dei giovani, con le scelte di Low, mai fuori posto e sempre tranquillo (all'apparenza); insomma, il giusto premio per il grande lavoro svolto da tutti, per la voglia di aver saputo cambiare al momento giusto.

ARGENTINA: pur non esprimendo un gioco scintillante, il mondiale della Seleccion può considerarsi positivo. L'albiceleste torna a disputare una finale dopo la contestatissima finale di Italia '90. E, come quella volta, cade per un gol a pochi minuti dalla fine sempre per mano della Germania.
Sin da subito il gioco dell'Argentina è risultato molto difensivo, quasi ad isolare le 3 punte costringendole a cercarsi il pallone.
L'albiceleste ha vinto tutte le partite con 1 solo gol di scarto, addirittura tre 1-0 a testimonianza di un buon lavoro difensivo ma di una sterilità in fase realizzativa, fatta eccezione per la terza partita del gruppo, quella contro la Nigeria; unica partita in cui si è visto il vero Messi. Per il resto il maggior artefice del cammino è stato (finché è sceso in campo) Angel Di Maria, capace di trascinare i suoi contro la Svizzera e regalando prestazioni ad alti livelli. Il centrocampista del Real Madrid è stato il collante tra difesa ed attacco, una sorta di regista in una zona atipica. Nei momenti decisivi sono mancati i guizzi di Higuain e Palacio (convocato al posto di Tevez che ha avuto dissapori con la federazione), per non parlare poi di Aguero che nella finale non è mai riuscito a saltare l'uomo.
L'unico che davanti ha espresso le sue qualità sembra essere stato Lavezzi, autore di buonissime prove ma per lo più di sacrificio.
Hanno funzionato bene i centrali di difesa, su tutti De Michelis che ha giocato la metà delle partite dopo che all'inizio gli era stato preferito Fernandez. Bene anche Zabaleta sulla fascia destra, ha garantito corsa e difesa per tutte e sette le partite. Da rivedere invece l'esterno sinistro Rojo, ci mette tanta voglia ma ci sono passaggi a vuoto che un giocatore dell'Argentina non può permettersi.
In mezzo al campo come non citare il maiuscolo apporto di Mascherano, uno che quando c'è da non far giocare gli avversati diventa un maestro; da rivedere invece Gago e Biglia  che non sempre ci sono sembrati all'altezza della situazione.
Molto criticate alcune scelte del tecnico Sabella, come quella di togliere Lavezzi dalla finale. In ultimo una mia riflessione personale: il Messi visto in questo mondiale non mi sembrava molto integrato nel gruppo, lo testimonia il fatto che al Maracanà, mentre tutta la squadra si caricava tra tempi regolamentari e supplementari, lui guardava altrove e ad un certo punto se n'è andato come se non gliene fregasse nulla. E' l'unico appunto che mi sento di fare al campione argentino; stamattina sui vari social network ho letto di sopravalutazione nei confronti della Pulce, ecco questo mi sembra francamente ingeneroso e fuori posto.

OLANDA: ancora una volta gli Orange terminano il mondiale senza vittoria, ma a differenza delle volte precedenti hanno messo in mostra una serie di giovani promettenti che avranno il compito futuro di portare la nazionale di Hiddink (subentrerà a Van Gaal) a conquistare magari il titolo in Russia, rodandosi nell'Europeo francese del 2016.
Su tutti ha ben figurato Robben, autentico uomo squadra in grado di inventare la giocata in qualsiasi momento oppure abile ad essere semplicemente straripante come nella gara d'apertura contro la Spagna. Contro la Roja ha ben impressionato Robin Van Persie, autore di un bellissimo gol in tuffo di testa ma che si è poi affievolito col proseguo del torneo. A questo si imputa, a Van Gaal, lo scarso impiego di Huntelaar che avrebbe fatto comodo in più di un'occasione.
In difesa si è ben disimpegnato Ron Vlaar, difensore in forza all'Aston Villa nonostante, nella partita contro il Messico, rincorreva in modo abbastanza goffo le saltuarie scorribande di Oribe Peralta; da quel momento il difensore 29enne non ha più sbagliato un colpo.
Nota di merito anche per gli esterni Daryl Janmaat e Daley Blind, bravi sia in fase di spinta che in fase di contenimento, con il secondo che si è anche distinto a centrocampo nel non facile compito di sostituire l'infortunato Nigel De Jong (impeccabile in ogni fase di gioco). Poco adatto, invece, è stato Bruno Martins Hindi, terzino di grande stazza in forza al Feyenoord apparso in difficoltà in più di un'occasione comprese le sporadiche incursioni della Costa Rica nel quarto di finale, sicuramente da rivedere.
Sneijder ha dovuto, in più di un'occasione, venire a cercarsi il pallone nella propria metà campo, snaturandosi nel suo ruolo di rifinitore e mal supportato dalla mancanza di un vero e proprio regista arretrato in parecchie occasioni. Molto bene invece Georginio Wijnaldum, mezzala destra che ha ben lavorato da connettore dei reparti; per il centrocampista dell'Ajax anche la soddisfazione personale del gol nella finale di consolazione. Ottimo anche il sempre verde Dirk Kuyt, relegato spesso a terzino ma in grado di supportare anche la fase offensiva dall'alto della sua professionalità ed atleticità.
Tra i pali da segnalare anche la sicurezza di Cillessen, unico portiere ad essere sostituito due volte nell'arco di un mondiale.
Jordy Clasie e Memphis Depay sembrano essere i giovani da cui ripartire visto che Robben e Sneijder potrebbero non essere nella rosa in caso di qualificazione nel 2018 (solo, ovviamente, per una questione di carta d'identità), ma per i due giovani centrocampisti c'è ancora tanto lavoro da fare; Hiddink sembra la persona giusta per far crescere questi giovani ed inserirli in un contesto di alto livello.

COLOMBIA: la squadra allenata da Josè Pekerman esprime, a tratti, il gioco più bello del mondiale. Nelle prime partite la velocità di Cuadrado è quasi disarmante, costringendo la Grecia ad una resa fin troppo eccessiva ed umiliante. Bene la difesa con il leader Yepes che ben si sposa con la buona vena di Zapata, lontano parente di quello visto nel Milan
Sugli esterni Armero e Zuniga (reduce da un lungo infortunio) fanno ciò che vogliono costringendo gli avversari nella propria metà campo, con il primo che si toglie anche la soddisfazione di segnare il primo gol colombiano contro la nazionale ellenica.
In mezzo al campo non viene impiegato Guarin, se non nella partita che "conta meno", quella contro il Giappone. Pekerman preferisce Abel Aguilar centrocampista del Tolosa e Carlos Sanchez dell'Elche, che, salvo piccole sbavature, riescono sempre a contenere molto bene le avanzate avversarie. Detto della buona vena di Cuadrado, sulla destra viene impiegato Ibarbo che però non convince e viene rimpiazzato dopo due partite da Jackson Martinez contro Giappone (doppietta) ed Uruguay, salvo poi tornare in campo per un tempo nel quarto contro il Brasile. Troppo opache le prove dell'attaccante del Cagliari.
Qualcuno (io in primis) imputa a Pekerman il non impiego di Martinez nella partita contro la Selecao. Con i colombiani sotto di due gol, i guizzi del giocatore del Porto potevano risolvere in diverso modo la contesa.
Davanti Teofilo Gutierrez si vede solo nel primo match contro la Grecia, sparendo poi per lunghi tratti nelle partite successive; fortuna per lui e per la Colombia che il mondo scopre un talento puro, James Rodríguez, 22enne attaccante in forza al Monaco che diventa capocannoniere della manifestazione con 6 reti (meravigliose quelle contro l'Uruguay), regalando alla folla giocate di altissimo livello sia sotto il punto di vista personale che su quello collettivo; la squadra si affida soprattutto a lui nella sfida che elimina i Cafeteros dal mondiale, lui ripaga con un gol su rigore, ma non basta e di certo non può essere solo lui a trascinare i suoi contro i padroni di casa.
In vista della Copa America 2015 la Colombia si candida a favorita insieme alle solite nazionali, per vincere un mondiale c'è ancora da lavorare ma la strada è quella giusta e con un pizzico di malizia in più, in Russia, si può arrivare più lontano.

BELGIO: la nazionale belga torna ad un mondiale dopo il 2002 infarcita di giovani promesse e di giocatori navigati (in difesa).
Tra i pali l'ottimo Thibaut Courtois, sempre sicuro e fresco campione di Spagna con l'Atletico Madrid. La difesa è formata da onesti difensori centrali tra i quali spicca Vincent Kompany, ormai una certezza e punto fermo del reparto centrale, affiancato da Daniel Van Buyten, buono il mondiale del centrale del Bayern Monaco, nonostante una stagione passata per lo più in panchina. Il tecnico Wilmots decide di non schierare terzini nel suo 4-2-3-1, relegando sulla sinistra Vertonghen o Vermaelen e sulla destra Toby Alderweireld. I tre sono andati in difficoltà in qualche occasione, più per poca confidenza nel trovarsi in quella determinata zona di campo che per demeriti propri, a partire dal match inaugurale contro l'Algeria e soprattutto nel lungo ottavo di finale contro gli Stati Uniti; tuttavia non hanno mai rischiato grosso ed infatti il Belgio ha chiuso il girone con un solo gol subito, per di più su calcio di rigore.
Nella mediana si è ben disimpegnato Kevin De Bruyne, a tratti il migliore della compagine belga; inizialmente inserito centralmente dietro alla punta, viene ben presto schierato di fianco a Witsel (mondiale anonimo il suo) fungendo da vero e proprio collaudo tra il reparto difensivo e quello offensivo, correndo dietro agli avversari, rubando palloni ed impostando talvolta l'azione.
Dopo la pessima stagione con il Manchester United, ha ben impressionato Marouane Fellaini; il centrocampista dalla folta chioma doveva inizialmente giocare al fianco di Witsel ma avendo Wilmots arretrato De Bruyne, al giocatore di origine marocchina è toccato il ruolo di collante tra mediana e punta, interpretando il ruolo con saggezza senza mai esagerare o commettere i soliti falli inutili come più volte visto sia allo United che precedentemente all'Everton. Per lui anche il merito del gol dell'1-1 contro l'Algeria.
Molto bene anche Dries Mertens, il migliore per lunghi tratti, è stato lui a cambiare la partita contro l'Algeria e nelle successive uscite ha regalato pezzi di bravura conditi da recuperi di grosso sacrificio; l'esatto opposto di Eden Hazard, apparso scarico e senza idee fatto salvo per l'azione che ha deciso il match contro la Russia.
Il fantasista del Chelsea non ama ripiegare e dare una mano in difesa, lo si è notato in maglia Blues e lo si è notato in questo mondiale. A conferma di ciò erano arrivate anche le parole di Mourinho qualche tempo prima della rassegna brasiliana: "Deve migliorare dal punto di vista difensivo, Willian e Schurrle ad esempio vanno a coprire il loro esterno quando sale. Eden non lo fa".
Nel ruolo di punta ci si aspettava di più da Romelu Lukaku, capace di 15 gol nella scorsa Premier League. Ben presto si capisce che per il mastodontico ataccante è un mondiale opaco ed in più di un'occasione Wilmots lo sostituisce con Divock Origi, giovanissimo attaccante del Lille, suo il gol che qualifica i belgi e manda i russi alla partita della disperazione. Quando è entrato, ha creato più spazi, anche per Hazard che caso vuole gli ha fornito l'assist per il gol-vittoria nella seconda gara.
Fugaci apparizioni per Dembelé, Chadli, Mirallas e Defour (espulso contro la Corea del Sud) mentre la giovane promessa del Manchester United Januzaj gioca 60 minuti contro gli asiatici senza lasciare il segno; per il fantasista di origini kosovare ci sarà tempo e modo di mettersi in mostra nei tornei che verranno.

COSTA RICA: bello scherzo quello giocato da parte dei Ticos alle più blasonate Uruguay, Italia ed Inghilterra. Sin da subito la squadra allenata da Jorge Luis Pinto impone alla malcapitata Celeste una lezione tattica da manuale del calcio, chiudendo ogni spazio e non facendo ragionare Cavani e soci.
Nonostante lo svantaggio iniziale, la squadra centroamericana non si sfilaccia e raggiunge dapprima il pari e poi va anche a vincere trascinata dai gol di Joel Campbell, a tratti lasciato solo nel mezzo delle difese avversarie ma capace, con i suoi guizzi, di creare il panico nelle aree, di Oscar Duarte, centrale difensivo di ottima prestanza che mette a segno un bel gol di testa in tuffo e Marco Urena, attaccante che ha giocato pochi minuti ma che è comunque riuscito a timbrare.
Il gioco della Costa Rica è fatto di tanta sapienza tattica, il modulo è molto difensivo, un 5-4-1 che all'occorrenza diventa un 5-3-2 quando la stella Bryan Ruiz va a supportare Campbell.
Ruiz è stato il leader per tutto il mondiale, un giocatore dalla buona intelligenza che raramente butta via il pallone; nella seconda partita ha anche avuto il merito di mandare in ginocchio una brutta Italia insaccando con un preciso colpo di testa.
La difesa ha retto benissimo (appena 2 i gol subiti in 5 partite); oltre al già citato Duarte si sono segnalati Junior Diaz, talvolta rude ma efficace; il 30enne Johnny Acosta, esperto difensore che ha disputato un'ottima stagione nelle file dell'Alajuelense e Cristian Gamboa, giovane 24enne in forza al Rosenborg con un futuro magari in campionati più sfiziosi.
E come non citare poi il vero protagonista di questa squadra (senza nulla togliere a Ruiz), colui che in più di un'occasione ha salvato la porta costaricense: Keylor Navas, fortissimo portiere reduce da una pazzesca stagione al Levante. Navas è davvero un portiere completo, abile nelle uscite, svelto tra i pali ed ottimo organizzatore della retroguardia.
Peccato per l'eliminazione ai rigori da parte dell'Olanda, ma come non considerare positivo il mondiale dei centroamericani? Impossibile. Pinto è arrivato dove neanche maestro Bora era arrivato nel 1990; e dire che mancava Alvaro Saborio, attaccante autore di 9 gol nelle qualificazioni.

CILE: peccato davvero per quella traversa colpita da Mauricio Pinilla sul finire del supplementare contro il Brasile che ha poi condannato i cileni dopo i tiri dal dischetto.
La nazionale del guru Jorge Sampaoli, tecnico argentino che nel recente passato ha portato l'U de Chile a vincere tre campionati ed una Copa Sudamericana, arriva in Brasile con la fiducia di far bene ma consapevole che avere la meglio su Spagna ed Olanda sia altamente complicato.
Sbarazzatosi abbastanza agevolmente dell'Australia, nella seconda partita la Roja mette sotto la Spagna fin dal primo minuto senza mai soffrire più di tanto complice la sterilità della squadra di Del Bosque. Si mettono in mostra il centrocampista Charles Aranguiz (già in orbita Udinese) autore del secondo gol condito da una prestazione maiuscola. Nel Cile di Sampaoli tutti pressano in maniera ordinata ed il fatto di giocare a tre dietro con due centrocampisti al posto di due centrali rende la cosa ancora più facile. Da subito si è notata la grande tenuta fisica, a discapito dell'attesissimo Arturo Vidal che paga dazio dopo la straripante stagione nella Juventus.
Gary Medel, Eugenio Mena e Gonzalo Jara non fanno passare uno spillo nella vittoriosa partita contro la Spagna e reggeranno molto bene anche nello sfortunato match contro il Brasile.
Bene anche gli esterni dove Mauricio Isla sembra tornato quello di Udine, regalando chiusure a buonissime scorribande offensive.
A fasi alterne è invece andato l'attacco dove il solo Alexis Sanchez ha fatto bene in tutte le partite; letale in più di una circostanza quando parte largo per accentrarsi e spietato quando sono gli avversarti a sbagliare come nell'occasione del gol ai verdeoro.
Qualche passo in avanti (ma ancora lontano dalla miglior condizione) lo ha fatto Edu Vargas, bravo a mettere a segno il gol d'apertura contro gli ex campioni del mondo ma poi scomparso nell'ultima partita contro l'Olanda e successivamente con i padroni di casa.
E' di pochi giorni fa la notizia che Jorge Valdivia non farà più parte della Roja nei tempi a venire; quello tra l'attaccante del Palmeiras e la nazionale è sempre stato un rapporto fatto di alti e bassi. Per lui comunque il merito del gol all'Australia a coronamento di una meritata soddisfazione.
Tra le note liete citiamo anche il portiere Claudio Bravo, sicurissimo tra i pali ed efficace nelle uscite. Durante il mondiale è arrivata la chiamata del Barcellona che ha deciso di tesserarlo versando nelle casse della Real Sociedad 12 milioni di euro.

ALGERIA: altra rivelazione del mondiale. La compagine algerina arriva in Brasile tra lo scetticismo generale ed una sorta di "ma chi sono questi?" Da subito però, si capisce che le Volpi del deserto non sono di certo venute per ballare il samba.
Nella gara inaugurale mettono in seria difficoltà il Belgio che riuscirà a ribaltare il risultato solo grazie alla buona vena di Mertens.
Si mette in mostra Feghouli, centrocampista offensivo in forza al Valencia che nel 4-2-3-1 di Halilodzic si trova a proprio agio. Ma le vere sorprese dei maghrebini sono altre: ad iniziare da Yacine Brahimi, autore di una prova mostruosa contro la Corea del Sud; il centrocampista classe 1990 corre per l'intera partita, avanti ed indietro come se avesse fiato per tutta la vita, un autentico polmone al servizio delle due fasi.
Maiuscole anche le prove degli altri esterni offensivi, a cominciare da Abdelmoumene Djabou, 27enne giocatore del Club Africain in Tunisia. Anche per lui tantissima corsa, tantissimo sacrificio che vengono ripagati col gol alla Corea che di fatto chiude il match.
Riyad Mahrez ha anch'esso interpretato il ruolo con sacrificio e sapienza tattica, senza esagerare nelle scorribande e seguendo alla lettera i dettami del CT serbo.
Ha retto molto bene anche la difesa, ad iniziare dall'avanzamento davanti alla difesa di Carl Medjani, autentico spaccalegna della mediana il cui compito è quello di non far arrivare gli avversari nella propria area; non sempre pulito negli interventi si è ben coadiuvato sia con Saphir Taider che con Nabil Bentaleb, giovane promessa del Tottenham, non sempre impeccabile ma di certo elemento dotato di un buon piede; con il giusto e duro lavoro ne può venire fuori un buon regista.
Baluardo della difesa è stato senza dubbio Rafik Halliche, gigante di 190 cm la cui abilità è quella del colpo di testa, bravo anche sfruttare i buchi della difesa coreana in occasione del 2-0; ha sempre garantito sicurezza senza mai dare l'impressione di andare in difficoltà. Sulla sinistra si sono ben alternati Faouzi Ghoulam e Djamel Mesbah, due difensori militanti in Italia che hanno garantito spinta e copertura per tutte e 4 le partite; mentre sulla destra la nota lieta è sicuramente Aissa Mandi, 22enne con una sola presenza in nazionale prima del mondiale. Al pari dei dirimpettai di fascia, si è segnalato per un ottimo senso della posizione.
Come non citare poi Islam Slimani (FOTO), il terminale offensivo della nazionale algerina. Dotato di gran fisico, si è segnalato per l'asfissiante pressing nei confronti delle difese avversarie, col merito anche di andare in gol nei match contro Corea e Russia, mettendo in difficoltà anche la difesa divenuta poi campione del mondo.
E dire che le volpi avevano anche a tratti giocato meglio della Germania e proprio da quella partita devono ripartire i maghrebini che, in caso di qualificazione tra 4 anni, non saranno più allenati da Halilodzic, nuovo allenatore del Trabzonspor da pochi giorni.

STATI UNITI: ormai la nazionale americana non è più una sorpresa, è sempre una mina vagante ed ancora una volta si è dimostrata squadra ostica da affrontare. Klinsmann riesce a mettere insieme un gruppo umile dove tra tutti spicca il solito Michael Bradley, regista dal destro raffinato e troppo presto emigrato dall'Italia. Il 26enne centrocampista fa il solito lavoro di raccordo tra difesa ed attacco regalando diverse giocate da autentico leader.
Sulle fasce esterne hanno agito due autentici polmoni, sulla sinistra DaMarcus Beasley che ad inizio carriera era un trequartista esterno ma che col tempo si è ben adattato anche al ruolo di terzino; mentre sulla destra Fabian Johnson ha percorso una marea infinita di chilometri arrivando sul fondo in ogni occasione che gli si è presentata.
Menzione speciale per DeAndre Yedlin, 20enne difensore in forza ai Seattle Sounders ma con un futuro in Europa se continua sulla giusta strada percorsa. A tratti è stato insuperabile, dotato di prestanza fisica, in pochissime occasioni ha concesso chances agli avversari.
DI fianco a Bradley si sono ben distinti sia Kyle Beckerman, il rasta della selezione americana e Jermaine Jones, anche lui instancabile soprattutto nella sfida contro il Belgio, dove lo si vedeva correre anche dopo 120 minuti giocati a mille.
E' mancato qualcosa davanti alla nazionale a stelle e strisce, il solo Dempsey non ha potuto caricarsi sulle sue spalle l'intero attacco e Chris Wondolowski, quando è stato chiamato in causa, non ha mantenuto il trend vistogli con la maglia dei San Josè Earthquakes. Bene invece Julian Green, centrocampista (ma anche attaccante) del Bayern Monaco che nell'unica occasione in cui è stato chiamato in causa, ha timbrato la rete belga, ma purtroppo per gli Stati Uniti è stato troppo tardi.
Il migliore di tutti è stato il portiere Tim Howard, ormai non una sorpresa viste le ottime stagioni all'Everton; è stato decisivo in tante situazioni, soprattutto negli ottavi di finale salvando anche gol già fatti.
Buona l'impostazione di Klinsmann che si è servito dei consigli del neo tecnico dell'Azerbaigian Berti Vogts (già in carica durante il mondiale); ha saputo creare un gruppo solido, a cui è mancata un po' di malizia abbinata a qualche piccola disattenzione come per esempio con il Portogallo quando la qualificazione sembra già essere in tasca.

MESSICO: è doveroso iniziare da colui che ha mantenuto inviolata la porta per lunghi tratti del mondiale, quel Guillermo Ochoa, portiere dell'Ajaccio retrocesso in Ligue 2 al termine della passata stagione. Soprattutto nella gara contro il Brasile ha salvato il risultato in almeno tre occasioni, facendosi trovare sempre al posto giusto. Di certo ha un ottimo senso della posizione unito a dei riflessi incredibili.
In difesa si sono contraddistinti i due terzini, sulla sinistra Paul Aguilar e sulla destra Miguel Layun, entrambi in forza ai gialli dell'America, squadra di Città del Messico; tutti e due hanno regalato alla Tri un numero imprecisato di chilometri ben amalagamati da una buona proposizione in fase offensiva, Aguilar soprattutto.
Rafa Marquez ha come sempre magistralmente guidato la difesa e per il quarto mondiale consecutivo è riuscito a segnare un gol; autentico leader ha sempre tenuto botta a tutti gli avversari rendendo, in alcune circostanze, fin troppi facili gli interventi di gioco.
Le chiavi del centrocampo erano in mano ad Andres Guardado, mediano di rottura ma che in questo mondiale si è anche segnalato per le numerose sortite offensive ben supportato da Hector Moreno, un altro che in quanto a corsa non è secondo a nessuno. Moreno ha 26 anni e gioca nell'Espanyol, non mi stupirei se nell'arco dell'estate cambiasse casacca o finisse sul taccuino di qualche osservatore.
Davanti Oribe Peralta è andato a tratti, decisivo contro il Camerun, bravo a portarsi a spasso Vlaar nell'ottavo contro l'Olanda ma si è preso qualche pausa di troppo dopo l'ottima stagione con il Santos Laguna. Il mondiale è un'altra cosa ma la base per fare bene c'è, a 29 anni una chiamata da una squadra più blasonata può essere l'ultima occasione per mettersi ulteriormente in mostra.
Nel reparto offensivo si sono viste finalmente le reali qualità di Giovanni dos Santos, da tanti anni promessa mai mantenuta del calcio europeo. L'età è ancora dalla sua parte (classe 1989) e la stagione 2014-2015 in maglia Villarreal può fare da spartiacque ad una futura occasione in un'altra grande (dopo Barcellona e Tottenham).
Bene anche Javier Hernandez, il Chicharito dimostra come sempre di essere un rapace dell'area di rigore riuscendo ad andare a segno contro la Croazia e sopperendo alle pause di Peralta; cosa ci faccia a fare la riserva al Manchester United, è francamente un mistero.
Artefice della positiva esperienza mondiale è il CT Miguel Piojo Herrera, autentico "pazzo da panchina", a prima vista può sembrare un saltimbanco ma è uno che si è preso (e meritato) il rispetto di tutto lo spogliatoio, costruendo una nazionale competitiva e sicuramente ostica da affrontare; peccato per un paio di disattenzioni risultate fatali contro l'Olanda.

GRECIA: dopo le brutte esperienze del 1994 e 2010 dove gli ellenici hanno chiuso con un bottino totale di 1 vittoria, 2 gol fatti e 15 subiti, è arrivata la prima storica qualificazione agli ottavi di finale.
Dopo essere stati travolti dalla Colombia nella gara inaugurale, gli ellenici hanno portato a casa 1 punto contro il modesto Giappone e hanno conquistato gli ottavi di finale grazie al rigore di Samaras ed alle disattenzioni della retroguardia ivoriana.
La difesa è stato uno dei punti forti nonostante i 5 gol incassati, con il redivivo Papastathopoulos visto anche nel ruolo di goleador nel match poi perso ai rigori contro la Costa Rica. Il migliore del reparto arretrato è stato senza ombra di dubbio Kostas Manolas, centrale 22enne dell'Olympiakos che ha messo in mostra un'esperienza ed una solidità decennale.
In mezzo al campo il solito Karagounis ha dettato tempi e ha corso per tre. Da segnalare anche l'ottima impostazione tattica di Lazaros Christodoulopoulos, bravo sia in fase di copertura che in fase offensiva, abile in qualche occasione ad appoggiare ed a dialogare con Samaras, terminale d'attacco dotato di gran fisico anche se le pause durante la partita sono troppe per annoverarlo tra gli attaccanti più forti.
Anche il solito Kostas Katsouranis si è ben contraddistinto, dall'alto dei suoi 34 anni ha espresso saggezza in fase di copertura, apparendo sempre in forma e mai a corto di fiato.
Nulla di speciale per la nazionale allenata dal portoghese Fernando Santos che sapeva di non poter contare su una rosa di prim'ordine composta per lo più da buoni operai; ne ha sfruttato le poche qualità, regalando al popolo greco il primo passaggio di turno.
Inevitabile, per il futuro, qualche cambio soprattutto a centrocampo.

Queste sono dunque, secondo noi, le promosse del mondiale brasiliano appena disputato. Tra 2 giorni il capitolo dedicato alle rimandate.

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