"Che cos'è il genio? E' fantasia, intuizione, decisione e velocità di esecuzione"
Adattiamo volentieri la mitica frase del film "Amici Mei" al contesto calcistico, con particolare riferimento a quel ristretto numero di giocatori indicati con il generico termini di trequartisti.
Non è eufemistico attribuire loro qualità geniali, dal momento che sono sovente le loro giocate a rompere un quadro tattico di una gara, attraverso quella fenomenale e abbondante tecnica ricevuta da madre natura.
Ovviamente di tale etereo talento vanno accettati gli alti e bassi, dal momento che l'indole e il piacere nell'ammirarsi sono altrettanto valide quanto destabilizzanti virtù.
Fatto sta che quando la genialità si accende qualsiasi torneo o competizione possono essere decisi o segnati proprio da questi volubili genialoidi, proprio come è successo nella Copa America 2001.
In tale contesto le giocate imprevedibili dell'honduregno Amado Guevara hanno raggiunto il suo apice, investendolo del prestigioso titolo di miglior giocatore della rassegna.
Nella capitale Tegucigalpa nessuno ha mai dubitato di essere di fronte ad un grande talento, essendo le qualità del piccolo calciatore davvero notevoli.
Al tempo stesso un carattere bizzoso, materializzatosi in varie mancanze dentro e fuori dal campo, è al tempo stesso ben evidente, finendo soprattutto in gioventù per minarne la crescita calcistica.
Il soprannome El Lobo (il Lupo) va infatti visto sia nella sua accezione positiva, grande carattere e nessuna paura, sia in quella negatività, vale a dire indole difficilmente domabile e tendenza a fare di testa propria nel bene e nel male.
La sua innata classe viene coltivata nelle file del Motogua, squadra della capitale honduregna nel quale inizia ad incantare, supportato dalla gran tecnica di base e da un fisico prestante per il ruolo in questione; i 180 cm di altezza completano il suo profilo fisico-tecnico facendo gridare al fenomeno nella piccola repubblica centramericana.
Dribbling secco, tecnica sopraffina ed una piede destro educato sono le caratteristiche che balzano all'occhio nelle giornate di maggior vena, sotto l'interessata lente della nazionale maggiore; il suo esordio avviene già nel 1994, anno dal quale inizierà un lunga militanza.
Lo scouting è ovviamente già molto sviluppato durante la sua adolescenza e vari club iniziano ad interessarsi a quel ragazzo dalle giocate magiche e dal carattere sfrontato.
Nel 1995 è il Valladolid a spuntarla nell'aspra contesa, attirando il diciannovenne onduregno con un ingaggio per lui immaginabile e con la promessa di farlo brillare nel principale firmamento calcistico.
L'età ancora acerba, la scarsa fiducia ed un carattere che non intende smussare negli angoli più acuti sono la causa dello scarso impiego, quantificabile in sole 8 parziali apparizioni, inutile per confermare le pressanti attese della vigilia.
Il ritorno in patria appare l'unica soluzione per rilanciare una breve carriera partita a velocità elevata ed ora arenatasi nel difficile contesto del calcio europeo.
Per qualche anno il suo nome non balza più alle cronache internazionali ed anche il suo passaggio ai messicani del Toros Neza passa in secondo piano, nonostante faccia impazzire sovente il pubblico dell'Estadio Neza con giocate da urlo.
L'anno della rinascita tecnica è però il 2001, quando approda allo Zacatepec sempre in Messico, ma, soprattutto, quando con la nazionale Bicolor prende parte per la prima volta alla Copa America.
Tale partecipazione ha molti tratti in comune con quella della Danimarca all'Europeo 1992, con il commissario tecnico Ramón Enrique Maradiaga che si trova costretto a chiamare i giocatori già in vacanza a poche ore dall'inizio del torneo.
Il 10 luglio infatti arriva la clamorosa defezione dell'Argentina, a causa di presunte minacce di morte ricevute da alcuni giocatori: con il torneo al via l'11 luglio, la CONMEBOL chiede alla federazione honduregna di allestire una rosa di 22 giocatori per prendervi parte.
Sulla carta La Bicolor sembra destinata a recitare la parte della "Cenerentola" alla luce di un recente passato di basso profilo, con il raggiungimento dei quarti alla Gold Cup 2000 come miglior risultato recente.
Ma le previsioni delle ore della vigilia non hanno fatto i conto con Amado Guevara, al quale la fascia di capitano e la responsabilità di rappresentare la nazione sembrano donare una linfa speciale.
Cede inaspettatamente la maglia numero 10 al compagno Julio César De León (protagonista successivamente in Italia), scegliendo la numero 20, quasi a voler raddoppiare la sua importanza e la sua promessa di spettacolo.
Dopo la sconfitta nella gara d'esordio contro la Costa Rica, dovuta al poco tempo disposizione per calarsi nella contesa, la squadra di Maradiaga batte per 2-0 la Bolivia, grazie ad un doppietta dello scatenato El Lobo.
Tale partecipazione ha molti tratti in comune con quella della Danimarca all'Europeo 1992, con il commissario tecnico Ramón Enrique Maradiaga che si trova costretto a chiamare i giocatori già in vacanza a poche ore dall'inizio del torneo.
Il 10 luglio infatti arriva la clamorosa defezione dell'Argentina, a causa di presunte minacce di morte ricevute da alcuni giocatori: con il torneo al via l'11 luglio, la CONMEBOL chiede alla federazione honduregna di allestire una rosa di 22 giocatori per prendervi parte.
Sulla carta La Bicolor sembra destinata a recitare la parte della "Cenerentola" alla luce di un recente passato di basso profilo, con il raggiungimento dei quarti alla Gold Cup 2000 come miglior risultato recente.
Ma le previsioni delle ore della vigilia non hanno fatto i conto con Amado Guevara, al quale la fascia di capitano e la responsabilità di rappresentare la nazione sembrano donare una linfa speciale.
Cede inaspettatamente la maglia numero 10 al compagno Julio César De León (protagonista successivamente in Italia), scegliendo la numero 20, quasi a voler raddoppiare la sua importanza e la sua promessa di spettacolo.
Dopo la sconfitta nella gara d'esordio contro la Costa Rica, dovuta al poco tempo disposizione per calarsi nella contesa, la squadra di Maradiaga batte per 2-0 la Bolivia, grazie ad un doppietta dello scatenato El Lobo.
Il portiere boliviano Carlos Arias non è esente da colpe, ma per tutta la partita il numero 20 honduregno dispensa giocate di alto profilo, dimostrando grande rapidità di esecuzione nelle suddette marcature.
La sorti della qualificazione si decidono nella gara con l'Uruguay, in quello che sembra un vero e proprio spareggio, con la Celeste in vantaggio di un punto, utile per rendere il pareggio sufficiente per il passaggio del turno.
Il raggiungimento dei quarti di finale battendo una nobile del calcio sudamericano è indubbiamente un risultato storico, anche se l'Uruguay si è volutamente presentato al torneo con una rosa di secondo piano, come protesta per l'assegnazione dell'organizzazione del torneo alla Colombia.
L'avversario seguente è il Brasile, squadra che viene battuta per 2-0 all'Estadio Polagrande grazie ad un doppietta di Saúl Martinez, inspirato al meglio dalla coppia di trequartisti Guevara-De León, letteralmente imprendibili a tratti.
In semifinale l'avversario è la Colombia padrona di casa, squadra in stato di grazia dal punto di vista psico/fisico, fermamente intenzionata ad alzare la coppa davanti al pubblico amico.
E' proprio la determinazione dei Cafeteros a fare la differenza, impostando una partita a ritmi sostenuti, sbloccata nei primi minuti e portata in porto con una vittoria per 2-0.
Guevara cerca di elevarsi dalla situazione di difficoltà e va vicino al gol, quando una sua arcuata punizione da posizione defilata centra una clamorosa traversa.
All'Honduras resta la consolazione del terzo posto finale, conquistato dopo la vittoria nella finale contro l'Uruguay, conquistata dopo i calci di rigore, in gara terminata 2-2 al 90°.
Il numero 20 honduregno non partecipa alla lotteria finale dagli undici metri, essendo uscito ad un minuto dalla fine, esausto dopo un'altra partita giocata al massimo.
Come uno dei massimi artefici per lo storico piazzamento la CONMEBOL lo premia appunto come miglior giocatore del torneo, restituendogli nuova visibilità internazionale a 25 anni.
E adesso cosa succede? Nuova esperienza in Europa?
Contrariamente alla attese la sua carriera continua in centroamerica con Zacatepec e Saprissa, prima di approdare negli Stati Uniti per dare nuovo impulso al soccer.
Con la maglia dei New York Red Bulls incanta con le sue classiche giocate, dispensate su campi ancora segnati dalla linee di riferimento del football.
La sua voglia di giocare rimane intatta, continuando a giocare nell'MLS (Chivas e Toronto) ed il campionato honduregno, dove torna in due momenti diversi al Motogua, prima di chiudere la carriera con il Marathon.
In mezzo le solite giocate da urlo, le immancabili bizze ed il grande onore di aver rappresentato la propria nazionale fino al 2010, diventandone addirittura il recordman di presenze con 138.
Ogni honduregno mantiene però un ricordo indelebile delle 27 prodezze compiute con la gloriosa maglia Bicolor, in un'epoca segnata indelebilmente dal suo nome.
Potremmo riempire l'articolo con immagini dei sui gol, essendo la rete piena zeppa di filmati e di speciali a lui dedicati (una ricerca su Youtube è consigliata), aggiungendo magari ogni volta qualcosa di nuovo al profilo tecnico di un campione.
Nel 2001 la sensazione di essere di fronte ad un talento speciale era ben presente nella mente di tutti, non solo per le suddette qualità, ma per quello spirito fiero da vero leader di un'intera nazione.
Un peccato la mancanza di una seconda chance in Europa, ma forse la ragione va ricercata nei meandri della sua personalità e della sua voglia di continuare a elargire magie dove si sentiva amato.
D'altra parte lui è El Lobo....
Giovanni Fasani
La sorti della qualificazione si decidono nella gara con l'Uruguay, in quello che sembra un vero e proprio spareggio, con la Celeste in vantaggio di un punto, utile per rendere il pareggio sufficiente per il passaggio del turno.
Lo 0-0 regge fino all'86° minuto quando ancora una volta arriva la giocata di Guevara, il quale si inserisce in area a grande velocità beffando il portiere Adrián Berbia con un tocco tanto delicato quanto angolato.
Il raggiungimento dei quarti di finale battendo una nobile del calcio sudamericano è indubbiamente un risultato storico, anche se l'Uruguay si è volutamente presentato al torneo con una rosa di secondo piano, come protesta per l'assegnazione dell'organizzazione del torneo alla Colombia.
L'avversario seguente è il Brasile, squadra che viene battuta per 2-0 all'Estadio Polagrande grazie ad un doppietta di Saúl Martinez, inspirato al meglio dalla coppia di trequartisti Guevara-De León, letteralmente imprendibili a tratti.
In semifinale l'avversario è la Colombia padrona di casa, squadra in stato di grazia dal punto di vista psico/fisico, fermamente intenzionata ad alzare la coppa davanti al pubblico amico.
E' proprio la determinazione dei Cafeteros a fare la differenza, impostando una partita a ritmi sostenuti, sbloccata nei primi minuti e portata in porto con una vittoria per 2-0.
Guevara cerca di elevarsi dalla situazione di difficoltà e va vicino al gol, quando una sua arcuata punizione da posizione defilata centra una clamorosa traversa.
All'Honduras resta la consolazione del terzo posto finale, conquistato dopo la vittoria nella finale contro l'Uruguay, conquistata dopo i calci di rigore, in gara terminata 2-2 al 90°.
Il numero 20 honduregno non partecipa alla lotteria finale dagli undici metri, essendo uscito ad un minuto dalla fine, esausto dopo un'altra partita giocata al massimo.
Come uno dei massimi artefici per lo storico piazzamento la CONMEBOL lo premia appunto come miglior giocatore del torneo, restituendogli nuova visibilità internazionale a 25 anni.
E adesso cosa succede? Nuova esperienza in Europa?
Contrariamente alla attese la sua carriera continua in centroamerica con Zacatepec e Saprissa, prima di approdare negli Stati Uniti per dare nuovo impulso al soccer.
Con la maglia dei New York Red Bulls incanta con le sue classiche giocate, dispensate su campi ancora segnati dalla linee di riferimento del football.
La sua voglia di giocare rimane intatta, continuando a giocare nell'MLS (Chivas e Toronto) ed il campionato honduregno, dove torna in due momenti diversi al Motogua, prima di chiudere la carriera con il Marathon.
In mezzo le solite giocate da urlo, le immancabili bizze ed il grande onore di aver rappresentato la propria nazionale fino al 2010, diventandone addirittura il recordman di presenze con 138.
Ogni honduregno mantiene però un ricordo indelebile delle 27 prodezze compiute con la gloriosa maglia Bicolor, in un'epoca segnata indelebilmente dal suo nome.
Potremmo riempire l'articolo con immagini dei sui gol, essendo la rete piena zeppa di filmati e di speciali a lui dedicati (una ricerca su Youtube è consigliata), aggiungendo magari ogni volta qualcosa di nuovo al profilo tecnico di un campione.
Nel 2001 la sensazione di essere di fronte ad un talento speciale era ben presente nella mente di tutti, non solo per le suddette qualità, ma per quello spirito fiero da vero leader di un'intera nazione.
Un peccato la mancanza di una seconda chance in Europa, ma forse la ragione va ricercata nei meandri della sua personalità e della sua voglia di continuare a elargire magie dove si sentiva amato.
D'altra parte lui è El Lobo....
Giovanni Fasani
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.