Altro appuntamento con gli aneddoti calcistici di Adriano Meazza direttamente dalla redazione del giornalino "Induma Insà", che come sempre ringraziamo per la collaborazione.
La “Samp dei vecchietti”: Definizione ricorrente a fine anni ’50 ed inizio ’60
ad indicare la compagine blucerchiata composta in prevalenza da calciatori che
si avvicinavano alla trentina o superavano questa soglia. Vecchietti, invero,
arciarzilli: ricordiamo i vari Pin, Farina, Agostinelli, Chiappin, Ocwirk,
Skoglund, Cucchiaroni, gli slavi Veselinovic e Boskov
(come allenatore, tanti
anni dopo fu alla guida della Samp che conquistò lo scudetto nel 90 – 91), il
laterale Vicini (all’epoca relativamente giovane, che parecchi anni dopo
divenne CT della nazionale). Grazie a loro, la formazione blucerchiata veleggiò
quasi sempre nelle zone alte della classifica. Buona parte dei positivi
risultati ottenuti è da attribuirsi alla regia illuminata e sapiente di Ernst
Ocwirk, calciatore dalla classe purissima e dallo straordinario acume tattico
(esordì in nazionale a soli 19 anni). Arrivò in Italia già trentenne, nel
campionato 1956 – 57; di scuola danubiana (Austria), ed alla pari di qualche
altro calciatore che giocò in squadre di rango inferiore, avrebbe senz’altro
meritato “una grande”.
Genio e sregolatezza: L’irlandese George Best, ala destra, tutto estro e
fantasia, ed alter ego, sotto questo profilo, dei vari Garrincha, Hamrin,
Skoglund, Abbadie, tanto per citare alcuni nomi, era talmente bravo sul campo
(un iradiddio inarrestabile) quanto irregolare e disordinato fuori dal
rettangolo verde. Gli si avvicinava, nella fantasia calcistica ma non nella
sfera privata (se mi è consentito pur nelle dovute proporzioni un paragone) al
compianto Gigi Meroni, ala destra del Torino metà anni sessanta e morto
giovanissimo a soli ventiquattro anni vittima di un incidente stradale. Il
breve percosrso della sua esistenza fu improntato ad uno stile di vita
originale e personalissimo, fuori dagli schemi convenzionali, e vissuto
all’insegna dell’atmosfera “bohemien”.
Colmo di sfortuna: Ghiandi, centravanti lariano (Como), a quell’epoca
molto promettente, giocò anche nel Catania a metà anni cinquanta; ebbe la
carriera spezzettata da una inteminabile serie di infortuni; come se ciò non
bastasse, agli infortuni rimediati sul campo se ne aggiungevano altri fuori di
esso causati da accidentali disattenzioni (inciampature ed altre cadute
evitabili) che lo costringevano ulteriormente ad una lunga inattività.
La colpa? sempre dell’arbitro!: Pietro Carpani, noto arbitro milanese di tanti
decenni fa, fu spettatore di questo curioso episodio: si trovava casualmente
una domenica sera nel caffè di una città di provincia quando, per telefono,
giunse la brutta notizia che la squadra locale era stata sconfitta per 8-0.
Sbigottimento, incredulità, un incrociarsi di commenti, finchè la voce di uno
sportivo superò il clamore affermando perentoriamente; “8 a 0! Scommetto che è tutta colpa dell’arbitro!”
Maxi squalifiche: Furono quelle comminate a Sivori e Boninsegna,
calciatori che in campo sapevano farsi rispettare, ma ai quali saltava
facilmente la … mosca al naso. “El Cabezon” quando giocava nel Napoli rimediò
sei giornate di stop, mentre “Bonimba” fece addirittura di peggio incappando in
undici giornate, ridotte successivamente a nove, a seguito di una partita
Varese -Cagliari.
Mortensen: E’ rimasto famoso perché nel 1948, a Torino (si
disputava Italia-Inghilterra), dopo appena quattro minuti di gioco segnò un
incredibile gol dalla linea di fondo a Bacigalupo. Da qui il detto, quando un
calciatore compie analoga prodezza, “gol alla Mortensen”
Tesourinha: Attaccante che giocò nel Brasile negli anni ’40 e
’50. E’ da taluni giornalisti ritenuto il più eccelso dribblatore dell’intera
storia del calcio brasiliano dopo il solo, inimitabile Garrincha.
Nel
campionato 1980-81 l’Inter acquistò Prohaska,
mezz’ala di provenienza austriaca, e subito i tifosi nerazzurri coniarono lo
slogan “Con Prohaska scudetto in tasca”.
Purtroppo il desiderio non si concretizzò.
Un giudizio lusinghiero: E’ quello espresso da Meazza nei confronti di Nejedly, interno cecoslovacco che
formava con l’ala sinistra Puc ai mondiali del 1934 un tandem temibilissimo: “E’ un fuoriclasse capace di ricoprire con
ugual bravura qualsiasi ruolo d’attacco.” Fu capocannoniere in quel
mondiale con cinque reti.
Un calciatore ultrafortunato: Fu Maspoli,
portiere dell’Uruguay che difese la “Celeste” ai mondiale del 1950 e 1954
(quelli del ’50 vinti dalla squadra uruguagia). E’ passato anche alla storia
extracalcistica per essere stato in ben due occasioni il possessore del
biglietto vincentela lotteria nazionale uruguagia.
Virgili: Centravanti della Fiorentina, metà anni ’50, era un
accanito lettore di fumetti ed i tifosi viola lo soprannominarono “Pecos Bill”,
in omaggio al suo personaggio preferito.
Niccolai: Stopper del Cagliari, col quale vinse lo scudetto
nella stagione 1969-70, e dall’insolito nome di Comunardo, è ricordato per
alcune spettacolari autoreti con tiri o svirgolate imparabili indirizzati nella
propria porta.
Lo sciagurato Egidio: Calloni, di nome Egidio, centravanti del Milan anni
’70, fu così soprannominato dal giornalista Gianni Brera poiché, sottoporta,
sbagliava gol che sembravano già fatti. Evidentissima, e di chiara derivazione
manzoniana, risulta poi nel titolo di testa l’allusione all’episodio “La monaca
di Monza” dei Promessi Sposi.
Mano galeotta: E’ la rete divenuta ormai famosa segnata da Maradona
all’Inghilterra nei mondiali in Messico dell’86 e che fa il paio con quella
convalidata a Piola, guarda caso sempre contro l’Inghilterra, in un match fine
anni ’30.
Matteo Maggio
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