domenica 3 marzo 2019

FRANCISCO FRIONE, LA BREVE CARRIERA DEL POVERO TITO

L'Uruguay degli anni'30 è un'autentica fucina di talenti, ispirarti dai successi e dalle magie della nazionale Celeste, due volte campione olimpica negli anni'20 e campione del mondo all'inizio del decennio nel torneo giocato in casa.
Le varie squadre di Montevideo non faticano a trovare possibili campioni da tesserare, molti dei quali in possesso di doti tecniche sbalorditive e la comune "garra" che da sempre contraddistingue il calcio uruguagio.
In una di esse, il Montevideo Wanderers, inizia ad incantare un giovane trequartista dalla doti innate, sfrontato ed instancabile, subito balzato agli onori delle cronache per le grandi giocate mostrate a dispetto dei 19 anni.
Staff tecnico e stampa ne apprezzano la grande concretezza abbinata alla tecnica, non perdendo tempo ad incensarlo come uno dei nuovi talenti del panorama uruguaiano: inizia così la carriera di Francisco Raoul Frione, per tutti Tito, talento purissimo prematuramente e tragicamente all'età di 22 anni.



Figlio d'arte (il padre ha giocato per anni proprio nel Montevideo Wanderers), insieme al fratello Ricardo inizia a giocare con i Bohemios nel 1931, facendosi conoscere al pubblico uruguaiano a seguito di un'amichevole contro la nazionale ungherese, durante la quale risulta letteralmente imprendibile e decisivo nel successo per 5-2.
Nel periodo in questione il Sudamerica è terra di conquista per le società italiane, in grado di presentare offerte altisonanti tali da attirare anche il più fervente nazionalista: dopo solo 20 partite nel campionato uruguaiano ed una manciata di presenza in nazionale, Tito accetta l'offerta dell'Ambrosiana Inter (nome imposto all'Inter dal governo fascista) approdando nel capoluogo lombardo sempre insieme al fratello Ricardo, centrocampista di fosforo dalla discreta tecnica.
Le recensioni su di lui provenienti dalla stampa d'origine ne esaltano la rapidità ed il senso del gol, ponendo l'accento sulle 7 reti segnate nella parte di stagione giocata, venendo impiegato maggiormente come ala sinistra.
Come guida tecnica nelle squadra nerazzurra trova il magiaro Árpád Weisz, il quale ne intravede subito lo straordinario talento, inserendolo da subito nelle lista dei titolari, impostandolo come ala/mezzala sinistra con possibilità di accentrarsi.
Frione, indicato al tempo come Frione II per distinguerlo dal fratello, esordisce contro la Pro Patria in un facile successo per 6-2, bagnando il fortunato esodio con un gol.
L'Ambrosiana termina il campionato al secondo posto, staccata di 8 punti dalla vincitrice Juventus, generando qualche rammarico alla luce dello strepitoso attacco a disposizione: Frione fa parte di un reparto che vede campioni quali Attilio Demaria, Felice Levratto, Umberto Visentin e soprattutto il Balilla Giuseppe Meazza, fuoriclasse dell'epoca e cannoniere principale della Beneamata.


Secondo le malelingue Meazza vedrebbe di cattivo occhio la giovane spavalderia dell'uruguagio, nonostante le prestazioni positive ed i pochi fronzoli dimostrati sia in campo che fuori.
A tal proposito va ricordato come sin da subito si divida tra campo e libri, continuando con ovvia fatica gli studi interrotti a Montevideo a livello universitario.
Le 6 reti in 21 partite parlano di una stagione altamente positiva, che alzano il livello d'attesa per la conferma e relativa consacrazione del campionato successivo, con la volontà di rifarsi dopo la sconfitta nella finale di Mitropa Cup contro l'Austria Vienna di Matthias Sindelar, fortemente condizionata dalla decisioni arbitrali (vedi nostro precedente articolo).
Tito affronta questa nuova fase senza il fratello Ricardo, non confermato dall'Ambrosiana e girato alla Sanmremese, prima tappa di un lungo peregrinare nelle serie minori italiane.
Durante lo stessa l'Inter sembra essere la favorita per la vittoria finale, capeggiando la classifica per buona parte del torneo, salvo venire superata dalla Juventus nelle ultime giornata da un inarrestabile Juventus, dovendo accontentarsi nuovamente della piazza d'onore.
La squadra segna complessivamente meno (anche Frione segna un gol in meno della precedente stagione), pagando alcune sconfitte pesantemente, inducendo quindi il presidente Ferdinando Pozzani a cambiare guida tecnica, puntando su di un altro ungherese, Gyula Feldmann.
Quest'ultimo si ritrova un squadra rinnovata, con ben 7 "stranieri" tra argentini ed uruguaiani, prontamente italianizzati in rispetto dei dettami fascisti e dalla norme che regolano il possibile utilizzo degli oriundi.
La squadra permane costantemente nelle prime posizione di classifica, trascinata anche da Frione, molte volte inspirato e già entrato nel gruppo della nazionale italiana B, dove gioca 4 partite a conferma di una incrementata confidenza con il calcio italiano ed europeo.
La sua stagione inizia a diventare tormentata in inverno, quando a causa di un pesante colpo di freddo contrae una forte congestione che lo rende inutilizzabile per qualche partita.
Riesce a rientrare in squadra per l vittoriosa trasferta a Napoli del 27 gennaio 1935, ma al rientro a Milano il malessere torna a farsi sentire, costringendolo nuovamente a curarsi.
Tragicamente da tale malanno non si riprenderà più, finendo per trovare la morte il 15 febbraio; si parla di una forte polmonite non diagnosticata e di conseguenza non trattata adeguatamente, in un'epoca dove le tecniche a disposizione non sono certo il massimo dell'efficacia.
Compagni e tifosi sono affranti ed i giorno del suo funerale viene pianto da tutta la città , in un contesto di grande tristezza per un ragazzo scomparso ad appena  22 anni, con tutta l'Italia devastata dalla seconda prematura morte di un calciatore nel giro di una settimana: esattamente sette giorni prima era infatti mancato il laziale Octavio Fantoni a causa di un' infezione di setticemia.
L'Ambrosiana Inter lo ricorda con un libretto di dodici pagine, intitolato "In memoria di Francesco Raoul Frione" colmo di tanta retorica fascista, ma anche toccante nel ricordo del giovane campione.

                                                      


I suoi compagni non riescono a dedicargli la vittoria dello scudetto, finendo nuovamente seconda dietro la fortissima Juventus, questa volta solamente per due punti, complice la malaugurata sconfitta all'ultima giornata sul campo della Lazio (ironia della sorte il risultato è 4-2 come nel 2002).
Anche a Montevideo il suo nome viene ricordato, con la sua ex squadra che lo inserisce nell'ideale Hall of Fame, indicandolo come un fantasista dell'epoca e un autentico idolo all'estero, nonché un grande campione.
Una successiva conferma del ricordo da lui lasciato nella Milano nerazzurra arriva nel 2001 dall'avvocato Peppino Prisco, il quale lo inserisce nella sua personale formazione ideale di tutti i tempi: Zenga, Burgnich, Facchetti, Guarnieri, Picchi, Bedin, FRIONE, Matthaus, Mazzola, Suarez, Corso.
Una bela investitura per un giocatore davvero entrato nel cuore dei tifosi e tragicamente sottratto alla vita e ad una fulgida carriera da un terribile destino.




Giovanni Fasani


(Fonte: assocelesia.it)


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