domenica 11 febbraio 2018

SPRAZZI DI SACHA

Nell'estate del 1988 la Juventus acquista dalla Dinamo Kiev Oleksandr Zavarov, aprendo di fatto le frontiere all'avvento del primo giocatore sovietico in serie A, generando in tal senso curiosità e grandi proclami.


Il giocatore nato in Ucraina è in effetti uno dei simboli dell'URSS che tanto bene ha fatto nel Mondiale del 1986 e nell'appena terminato Europeo, dove la squadra allenata da Valerij  Lobanovskij ha a tratti incancantato grazie alla proposizione di un gioco mai visto prima.
Attraverso meccanismi perfettamente oliati la sua nazionale sembra essere creata al computer, con la conseguenza che il talento di calciatori quali Zavarov venga brillantemente esaltato.
Ancora oggi si discute sui dettagli di tale trasferimento, tanto che c'è chi sottintende un accordo per favorire l'approdo delle vetture degli Agnelli nell'est, prendendo come spunto una foto del calciatore sulla pista della Stadio Comunale di Torino accanto ad una Ferrari.
Si parla altresì di un contratto che preveda come la maggior parte dello stipendio del calciatore sia destinata ad organi politici sovietici, lascando allo stesso uno stipendio di basso livello.
Lasciando perdere dietrologie ed insinuazioni è il verdetto del campo a contare in termini di giudizio, sancendo il fallimento del giocatore in quello che può essere davvero definito il "campionato più difficile del mondo".
Anche per il fatto di vestire la maglia numero 10, con l'intento di rinverdire i fasti di Michel Platini, non aiuta il giocatore, che paga anche un carattere chiuso e le enormi differenze sociali e calcistiche tra Italia ed Unione Sovietica.

 

 
Zavarov, per tutti Sacha, non si ambienta mai del tutto e nelle due stagioni sotto la Mole mostra il suo talento in poche occasioni, nonostante nel 1990 la squadra vinca la Coppa Italia e la Coppa Uefa.
Tra le prestazioni da ricordare del sovietico ve ne è una offerta a Brescia nel settembre del 1988, quando Madama si impone per 2-0 grazie a due magie del suo numero 10, arrivato da poco in Italia.
Il match rappresenta l'ultimi partita del girone a quattro della Coppa Italia valido per l'accesso ai quarti di finale: la Juventus ha però già perso la prima gara con l'Ascoli e pareggiato la seconda con il Como, rendendo la sfida contro le Rondinelle poco più di un'amichevole.
A undici giorni dall'inizio del campionato la prestazione di Zavarov è però molto confortante, soprattutto la qualità delle due realizzazioni impressionano critica e tifosi.


 

 
La prima è ottenuta con una brillante azione personale conclusa con un potente sinistro, mentre la seconda viene realizzata con un preciso calcio di punizione destinato all'incrocio dei pali.
Tali prodezze sembrano essere un sunto della qualità del giocatore di origine ucraina, in possesso di dribbling, velocità e la grande qualità di calciare con grande efficacia con entrambi i piedi.
Purtroppo per lui tale prestazione resterà un fuoco di paglia, tanto che nel campionato 1988/1989 saranno solamente due le reti segnate contro Cesena e Napoli.
Anche la successiva stagione è avara di soddisfazioni personali e, nonostante i successi di squadra, il contributo di Zavarov è occasionale e principalmente incentrato nelle prime uscite.
La seguente cessione al Nancy è la logica conseguenza di un progetto tecnico accattivante, ma ben lungi dall'essersi realizzato, causando l'inserimento del nome del sovietico nella lista dei cosiddetti "bidoni".
In realtà Zavarov era un calciatore in possesso di doti calcistiche di alto livello, purtroppo per lui messe in mostra solamente in sporadiche ed ormai dimenticate occasioni.
La partita di Brescia non lo riabilita sicuramente, ne probabilmente può far sorgere rimpianti, ma forse può chiarire cosa la Juventus si aspettasse dal numero 10 di Dinamo Kiev e nazionale sovietica.

 


Giovanni Fasani
 


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