Molti dicono che io sia stato una
rivelazione.
Dicono io sia stato un lampo.
E quel lampo è stato il quindici
Giugno millenovecentosettantaquattro a Monaco di Baviera.
Ma facciamo un passo indietro.
Sono nato il venticinque Giugno
del cinquantuno a Port-au-Prince, nella piccola e povera isola caraibica di
Haiti. Ho perduto entrambe i genitori da bambino e sono stato allevato dalla
congregazione dei Salesiani di Don Bosco.
D'altronde erano gli unici ad
occuparsi dei ragazzini. Uno di loro, un Olandese, Sjaak Diebels, aveva fondato
una squadra di calcio proprio per ragazzi come me e l'aveva chiamata, con
grande fantasia, Don Bosco Football Club.
Entrai subito a far parte del
gruppo e dal primo momento fu chiaro a tutti che fossi un talento indiscusso:
avevo una capacità innata di andare a rete! Non avevo alcun senso della tattica
o della strategia e quest'è vero. Ma se così fosse stato mi sarei sentito un
robot.
Io semplicemente fiutavo l'azione, il gioco lo sentivo nell'aria. Giocavo
col cuore e questo ha fatto di me Emmanuel Sanon detto Manno.
Il Don Bosco con me in campo
poteva finalmente competere per il titolo nazionale, non era certo quella
l'aspirazione che animava il club, ma alla fine il titolo è arrivato, per la
prima volta, nel millenovecentosettantuno.
Io ero già nel giro della Nazionale
Haitiana dal Settanta. Non partecipai al torneo di qualificazione per la Coppa
del Mondo in Messico di quell'anno e così dovemmo aspettare l'edizione
seguente, quella in Germania.
Con me in campo Haiti aveva molte più
opportunità. Per la mia isola ci ho giocato giusto cento volte con un bottino
di reti importante: quarantasette!
Ad essere onesto devo dire che
riuscimmo ad avere un altro grandissimo vantaggio: nel Settantatré i Duvalier
riuscirono a ottenere dalla FIFA che tutte le gare del girone di qualificazione
ai mondiali si disputassero ad Haiti. Ovviamente, con me in attacco e con il
piccolissimo vantaggio del fattore campo, ci qualificammo noi.
A tutti venne
regalata una Fiat centoquarantasette e un viaggio in Germania con qualche mese
di anticipo: dovevamo prepararci al meglio per onorare gli sforzi dei Duvalier.
Quando parlo dei Duvalier intendo
François “Papa Doc” Duvalier e il suo erede Jean-Claude "Baby
Doc", i padroni dell'isola.
Per colpa loro io sono stato un re senza
corona.
Il medico condotto François aveva compreso l'influenza che gli stregoni
vudù esercitavano sulla popolazione, al novantacinque per cento analfabeta, e
la sfruttò a suo favore lasciando credere di essere la reincarnazione di Baron
Samedi, il più potente spirito del vudù, padrone delle anime dei morti.
La
cosa incredibile è che funzionò. Alle elezioni ottenne un milione e
trecentoventimila voti, tanti quanti gli abitanti di Haiti. E quanti morti ha
fatto! Oltre al vudù infatti il suo potere si basava sulle scorribande dei Tonton
Macoutes, veri e propri bastardi criminali assoldati dalla polizia politica
per intimorire, torturare e soprattutto eliminare fisicamente gli avversari.
Essendo "Papa Doc" padrone delle anime dei morti più ne faceva
di morti e più potente sarebbe diventato secondo l'animaccia sua!
Un giorno passeggiavo per
Port-au-Prince e mi imbatto in alcuni Tonton Macoutes in borghese, ma
erano riconoscibili per gli immancabili occhiali neri e il cappello in testa,
erano seduti su un vecchia automobile e guardavano tutti i passanti in segno di
sfida, dietro di loro campeggiava un enorme manifesto in cui Gesù Cristo in
persona metteva una mano sulla spalla di "Papa Doc" e diceva:
"Io ti ho scelto!".
Poi Quando Fidel Castro conquistò
il potere a Cuba "Papa Doc" oltre all'investitura divina
riuscì ad avere anche quella terrestre: convinse Washington di essere l'unico
in grado di garantire che Haiti non cadesse in mano ai comunisti.
In questo clima si tennero le
partite di qualificazione.
Gesù Cristo e gli Stati Uniti
garantivano per noi.
Torniamo così al quindici Giugno,
ai Mondiali di calcio in Germania. Siamo nel girone con l'Italia, finalista
dell'edizione precedente, l'Argentina e la Polonia.
Non proprio una
passeggiata.
Il primo incontro è proprio
contro gli Azzurri. Prima di quella partita a Monaco di Baviera, il
portiere della Juventus e della Nazionale Italiana Dino Zoff aveva stabilito un
nuovo record di imbattibilità, non prendeva goal da dodici partite. Il primo
tempo si chiude sullo zero a zero, poi al primo minuto della ripresa arriva una
palla lunga, me la contendo con Fabio Capello, lo batto sulla corsa, salto Zoff
in uscita e deposito la palla in rete.
Il primo goal della Nazionale Haitiana a
un Mondiale lo segno io e per di più mette fine all'imbattibilità dell'immenso
Dino Zoff. Millecentoquarantadue minuti. Poi sono arrivato io, Manno Sanon.
Comunque questa è stata
l'unica soddisfazione, perché poi abbiamo perso tre a uno, e con la Polonia
sette a zero e con l'Argentina quattro a uno, e quell'uno chi volete lo abbia
messo a segno. Sempre io. Un potente tiro da fuori area.
La prima partecipazione di Haiti
ad un Mondiale coincide pure con il primo caso di doping ad un Campionato del Mondo
di calcio, il mio compagno di squadra Ernst Jean-Joseph, sempre dopo la partita
con l'Italia.
Lui si è sempre difeso dicendo
che erano farmaci per l'asma e io gli credo. Il medico della Nazionale dichiarò
in conferenza stampa che non poteva trattarsi di doping. Disse difronte ai
giornalisti di tutto il mondo che: "Jean-Joseph non è così intelligente
da capire cosa sia il doping". Il mio povero compagno fu prelevato
quasi di forza, anzi lasciatemi dire, senza quasi, da alcuni galantuomini dei Tonton
Macoutes, fu caricato su una Mercedes mentre gridava la sua innocenza, la
sua disperazione, il suo terrore. Fu portato in aeroporto e rimpatriato ad
Haiti e poi, e poi posso solo immaginare cosa gli abbiano potuto fare.
Haiti non fece certo una bella
figura pero si guadagnò le simpatie di tutti, e io in particolare guadagnai un
contratto da professionista con la squadra Belga del Beerschot di Anversa nel
giorno esatto del mio ventiquattresimo compleanno.
La vita in Belgio non era certo
semplice, in campo poi i difensori erano davvero feroci, con me in modo
particolare.
L'allenatore Rik Coppens però ha sempre creduto nelle mie qualità,
mi diceva che con il fisico che avevo dovevano essere i difensori ad aver
paura, e per farmelo capire mi insegnò pure a fare il difensore, e da difensore
mi ha impiegato per alcuni incontri prima di riportarmi in attacco. Nonostante
tutto sono riuscito a vincere una Coppa del Belgio nel
millenovecentosettantanove, uno dei pochi titoli per la mia squadra.
Non ho
segnato in quella partita ma l'assist per Johan Coninckx l'ho fatto io! Con i
viola di Anversa ci ho giocato fino al millenovecentottanta: centoquarantadue
presenze e quarantadue reti!
Poi dopo il fallimento della
trattativa che mi avrebbe portato all'Anderlecht, un top club di quegli anni,
qualcosa si incrinò, presi un aereo e me ne andai a giocare negli Stati Uniti,
a Miami, molto vicino ad Haiti.
Con i Miami Americans, squadra della Second
Division dell'allora lega di Soccer Americana ci ho giocato neanche un mese, poi
mi hanno preso quelli dei San Diego Sockers.
Non avevo perso lo smalto e il
fiuto del goal, poi giocavo in coppia con un giovane Messicano, Hugo Sánchez.
Una coppia letale.
Molti dicono che io sia stato una
rivelazione.
Dicono io sia stato un lampo.
Ma quel lampo, credete a me, è
stato davvero molto luminoso.
Emmanuel Sanon, attaccante
nato il 25 Giugno
1951 a Port-au-Prince (Haiti)
morto il 21 Febbraio 2008 ad
Orlando (Stati Uniti d'America)
Timeline.
1970-1974 Don Bosco FC
vince il Campionato Haitiano nel
1971.
1974-1980 Koninklijke Beerschot
Voetbal en Athletiek Club: 142 presenze 43 reti vince la Coppa del Belgio nel
1979
1980 Miami Americans:
1980-1983 San Diego Sockers: 31
presenze 16 reti
1970-1981 Nazionale di Haiti: 100
presenze 47 reti
Francesco Mistrulli
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