domenica 19 novembre 2017

CAMILLO JERUSALEM

Un personaggio come Hugo Meisl non può che essere indicato come uno degli allenatori più importanti del XIX secolo, principalmente per quanto lui fatto alla guida della nazionale austriaca.
E' proprio grazie alla sua conduzione tecnica che nasce il Wunderteam ("squadra delle meraviglie") all'inizio degli anni'30, capace di dominare a livello continentale di rappresentare un modello da emulare per le altre rappresentative.
La sua improvvisa morte nel 1937 priva la rappresentativa del suo storico allenatore, in momento nel quale le vicende politiche stanno fortemente minando l'esistenza stessa dell'Austria quale nazione.
Meisl non può così assistere all'annessione della sua nazione alla Germania nazista (Anschluss), che comporta, oltre che le evidenti conseguenze di carattere sociale, anche l'imposizione per i giocatori austriaci di andare a rinforzare la nazionale tedesca.
C'è chi si rifiuta decisamente di giocare per i dominatori tedeschi, come Matthias Sindelar, probabilmente il più forte giocatore austriaco di tutti i tempi, il quale non fa mistero della sua avversione al nazismo arrivando a disertare anche la convocazione per il Mondiale del 1938.
Il famigerato Carta Velina morirà in circostanze mai chiarite nel 1939, pagando probabilmente tale diniego ed un atteggiamento ostile nei confronti del nazismo e delle più o meno velate intimidazioni volte ad inserirlo nella nazionale tedesca.
Accanto alla sua simbolica figura vi è un altro calciatore che decide di voltare le spalle al Reich, creando meno trambusto mediatico, ma, al tempo stesso, rappresentando dal punto di vista tecnico una grave perdita per la nazionale.
Parliamo di Camillo Jerusalem squisita mezzala sinistra in grado davvero di poter fare la differenza in un quel magnifico calcio degli anni'30.


La usa predisposizione per il gioco del calcio gli permette di entrare a far parte della rosa dell'Austria Vienna nel 1930 a soli 16 anni, dopo che aver dimostrato classe e tecnica a livello amatoriale.
La chiamata di una delle squadre più forti del momento è sia una soddisfazione personale che la possibilità di abbandonare almeno per un po' il lavoro di conciatore di cuoio.
Dopo il precoce esordio arrivano anche i successi e dopo due Coppe d'Austria consecutive (1934/19356 e 1935/1936) arriva per i Veilchen il successo nella Mitropa Cup del 1936.
L'Austria Vienna è una squadra fortissima e basta dare un'occhiata alla formazione scesa in campo nella finalissima contro lo Sparta Praga per rendersene conto:
Rudolf Zöhrer; Karl Andritz; Karl Sesta; Karl Adamek; Johann Mock; Walter Nausch; Franz Riegler; Josef Stroh; Matthias Sindelar; Camillo Jerusalem; Rudolf Viertl.



La fortissima compagine austriaca ottiene il successo nella gara di ritorno, dopo aver pareggiato per 0-0 il primo match giocato tra le mura amiche.
Nella partita giocata a Praga allo Stadion Strahov è proprio una rete di Jerusalem a permettere all'undici austriaco di portare a casa l'ambito trofeo.
Tale prodezza rende Karli, suo storico soprannome, uno dei giocatori più famosi in Europa, offuscato bonariamente solo dalla presenze del compagno/amico Sindelar.
Nello stesso anno fa il suo esordio anche in nazionale, dove esordisce in un'amichevole contro l'Italia a Roma.
La mezzala austriaca tiene fede alla sua nomea di campione segnando una delle due reti che valgono un prestigioso pareggio per 2-2 contro i campioni del mondo in carica.
Il suo rapporto con la nazionale continua con buoni risultati, almeno dal punto di vista personale, garantendo in tal senso ottime prestazioni ed anche una buona frequenza realizzativa, pur non essendo storicamente un vero e proprio goleador, sembra che la maglia dell'Austria lo galvanizzi in maniera particolare, tanto da segnare 5 reti nelle successive 8 presenze, compresa una bella doppietta contro la Svizzera in un incontro vinto per 4-3.
Come anticipato l'annessione dell'Austria alla Germania nel 1938 lo induce a lasciare la nazione d'origine per giocare nel campionato francese nelle file dello Sochaux.
La decisione non è facile, dal momento che l'Austria Vienna gli corrisponde uno stipendio altissimo, permettendogli una vita agiata.
La scelta non si rileva felice, dal momento che lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale lo vede sospendere la sua attività dopo solo un anno, causandogli inoltre l'internamento nel campo di concentramento di Langres.
Il giocatore austriaco si salva dagli stenti contraendo matrimonio con una donna francese, ottenendo di fatto la possibilità di lavorare e la cittadinanza francese successivamente.
Ovviamente le sue condizioni economiche non sono nemmeno lontanamente paragonabile a quelle agiate di Vienna.
La fine delle ostilità gli permettono di tornare a giocare a calcio a tempo pieno e per tale motivo fa ritorno in Austria, per giocare nuovamente con l'amato Austria Vienna.




Con la maglia dei Violetti sembra ritrovare lo spunto e la forma di un tempo segnando  7 reti nelle 11 partite, incantando nuovamente il pubblico con la sua classe  immutata nonostante i 32 anni.
A conferma di ciò arrivano nuove convocazioni dalla nazionale austriaca, con la quale disputa altre cinque partite, senza andare in gol, ma risultando determinante nella vittoria per 4-1 contro la Francia, in quello che per lui è, almeno formalmente, una sorta di derby.
A metà stagione, però, fa ritorno in Francia allo Sochaux prima di approdare nel 1946 al Roubaix-Tourcoing, dove il suo talento è determinante per la conquista del titolo nazionale.
La scelta lo esclude da altre future convocazioni ed il suo rapporto con l'Austria termina di fatto al triplice fischio di Auatria-Francia 4-1.
Durante tale esperienza a modo di giocare con Ruggiero Grava, attaccante italo-francese raccontato in un nostro recente articolo e tragicamente scomparso nella tragedia di Superga del 1949.
Nel 1948 la sua carriera prosegue nel Colmar, rapporto che si interrompe però nel 1949, quando Jerusalem accetta di giocare l'ultima parte di campionato nelle file del Besançon, dove segna 5 reti nelle 18 presenze disputate.
Ad una carriera lunga, ma tristemente segnata della guerra, manca un'ultima soddisfazione, un brillante "colpo di coda" che solo i campioni possono avere: la stagione 1949/1959 vede il giocatore franco-austriaco approdare in Svizzera per guidare il Servette alla vittoria del suo primo titolo nazionale.
Il suo talento e la sua visione di gioco sono manna per l'attaccante Jacques Fatton che arriva a segnare ben 32 reti. A dispetto dei 35 anni, Jerusalem fa davvero la differenza in terra elvetica, entrando di fatto nella storia dei Grenats.
La sua carriera sembra terminare nel 1951, quando acciacchi ed appagamento sembrano avere la meglio sulla mai assopita passione per il gioco del calcio.
Il ripensamento è però dietro l'angolo e nel 1952 ritorna in campo nelle vesti di allenatore-giocatore per guidare il Grenchen, modesta squadra elvetica dove decide di incantare saltuariamente fino al 1953.
A questo punto può tornare definitivamente in Austria, dove ,finalmente, riesce a trascorrere tranquillamente la propria vita, fino al 1989, anno della sua morte.




Accanto al nome del grande Sindelar, fenomenale archetipo di "falso nueve", merita di essere ricordato anche Camillo Jerusalem, mezzala dalla tecnica sopraffina e dalla vita movimentata e per certi versi triste.
Caratteristica che accomuna chi a vissuto sulla propria pelle le conseguenza della guerra...




Giovanni Fasani

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