Nel 1938 la Francia si impegna ad organizzare la terza edizione del Mondiale in un clima politico teso e pesante, con i regimi totalitaristici già pronti per il portare il mondo verso la Seconda Guerra Mondiale solamente un anno dopo.
Tecnicamente è un torneo molto atteso, con formazione europee quali Italia (campione in carica), Ungheria, Polonia, Cecoslovacchia e Germania (rinforzata da alcuni giocatori austriaci dopo l'Anschluss) a misurarsi con poco conosciute formazioni proveniente di oltreoceano.
Dai Caraibi arriva la matricola Cuba, mentre dal Sud America arriva un grande Brasile, con la stella Leônidas destinatario di molte attenzioni mediatiche in quanto raccontato a ragione come un autentico fenomeno.
Dal gruppo 10 di qualificazione emerge a sorpresa e senza giocare la formazione delle Indie Orientali Olandesi, attesa invece con curiosità e con simpatia.
Quest'ultimo sentimento aumenta ancora di più quando la formazione allenata dall'olandese Johan Mastenbroek scende in campo per il match contro l'Ungheria: l'occhio degli spettatori è tutto per i magiari, in particolare Gyula Zsengeller, György Sárosi e Géza Toldi, ma ben presto l'attenzione ricade sul portiere degli asiatici, Tan Mo Heng, il quale tiene sotto il braccio quello che sembra un bambolotto.
Incredulità e ilarità scoppiano sugli spalti dello Stade Municipal Velodrome di Reims, con il pubblico che sembra ancora più convinto di essere in procinto di vedere un autentico massacro sportivo, con la formazione isolana quale ignava e ridicola comparsa.
Il risultato non è ovviamente mail in discussione, con Sarosi e compagni che chiudono già il primo sul 4-0, rallentando parzialmente nel secondo limitandosi ad altre due marcature per il 6-0 finale.
L'estremo difensore asiatico, depositata la bambola vicino alla porta, è però autore di una prova di alto livello, dimostrandosi atletico e sicuro, limitando di gran lunga il passivo e guadagnandosi il meritato applauso del pubblico.
In una formazione acerba e poco esperta dal punto di vista tattico Tan Mo Heng è sicuramente l'elemento di maggior talento, finendo comunque per guadagnarsi quei complimenti e quell'attenzione che inizialmente era solo curiosità o anche scherno nei suoi confronti.
In un clima politico e sociale teso ed infuocato (come dimostrano le forti intemperanze gli esuli italiani durante la partita della nazionale), la presenza della nazionale asiatica e del suo portiere con la bambola donano un po' di innocenza ad un edizione del Mondiale che sarà l'ultima fino al 1950.
Ma qual è la motivazione di portare in campo una bambola? Certamente, ed è la più semplice e candida di tutte: per Tan Mo Heng non è niente di più di un portafortuna, una mascotte che gli conferisce sicurezza. Forse per gli europei degli anni'30 era logico affidarsi ad altre forme di ipotetica protezione personale..
Va detto che di fortuna nel calcio il portiere asiatico ne avrà nel campionato locale, dove militerà in varie squadre mettendo in mostra le sue doti atletiche,
Potrà però fregiarsi di un record significativo: sarà l'unico giocatore a giocare sia con la rappresentativa della Indie Orientali Olandesi sia con quella dell'Indonesia, una volta avvenuta la mutazione politica della nazione. L'occasione per l'unica gara da lui disputata con l'Indonesia avviene nel 1951 in un match contro una selezione di Malesia e Singapore.
Tutto questo è Tan Mo Heng, il bravo portiere che portava in campo la bambola.
Giovanni Fasani
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