sabato 9 novembre 2019

JOGOO'S PRIDE

Senza nessuna spocchia Geoffrey Alan Hudson, purtroppo scomparso quattro anni fa, avrebbe potuto vantarsi di aver portato l’SC Villa ad un passo dal titolo di Campione d’Africa,  meritandosi un posto d’onore nella storia e nella leggenda del calcio ugandese.
Arrivato sulla panchina dei Jogoo nel 1988, sfrutta la lunga esperienza da calciatore e allenatore nella natia Gran Bretagna per forgiare una squadra in grado di continuare ad imporsi in patria, ma,contemporaneamente, di strabiliare l’intero continente in Champions League tre anni dopo.

L’eccezionalità   dell’evento   non   ricade   meramente   nella   finale   della   stessa,   persa   piuttosto malamente contro il Club Africain, ma nell’incredibile prestazione offerta nei quarti di finale, quando, contro pronostico e con una sconfitta all’andata, la squadra del distretto di Wakiso elimina addirittura l’Al Ahly.

Prima di procedere a raccontare un’impresa leggendaria, vale la pena passare in rassegna le risorse ed i punti di forza di quel SC Villa, al momento in un vero climax di talento e coesione di intenti.
Nella rosa spicca di gran lunga la figura di Majid Musisi, uno dei più forti giocatori ugandese di sempre, nonché il primo ad aver giocato e segnato in Europa (molto positive le sue esperienze con Stade Rennes e Bursaspor).  


In patria è un attaccante che arriva comodamente a superare le trenta reti stagionali, riuscendo ad esportare il suo nome in tutto il continente e non solo; movenze feline, tecnica di livello, fiuto del gol e fisico compatto e robusto ne fanno un prospetto difficilmente marcabile ed, ovviamente, il punto di riferimento per tutta la squadra.
Chi pensa che lo schema di Hudson sia “palla a Musisi ed incrociamo le dita” è in parte giustificato da una schema che vede l’attaccante di Kampala principale riferimento, al quale però non mancano preziosi rifornimenti e tempestivi inserimenti a sostegno.
Se   a   prima   vista   l’atteggiamento   sembra   difensivo   e   semplicistico,   molto   di   più   si   ricava analizzando gli altri interpreti dello stesso.
Accanto a lui troviamo l’acerbo e talvolta precipitoso Peter Nsaba, generoso ed intelligente, in grado di giocare in funzione forte compagno, sobbarcandosi sì tanto lavoro, ma garantendosi allo stesso tempo saltuarie gioie personali.
Partendo dal portiere Mike Musaga, talentuoso e atleticamente sbalorditivo, il reparto offensivo è composto   da elementi  solidi  e  da  altri  che  più  offensivamente  interpretano  il  proprio   ruolo, confermando in pieno la storica vocazione africana.
Variabile offensiva ed autentico asso nella manica è appunto il terzino Geoffrey Higenyi,  ancora oggi ricordato per i suoi calci di punizione forti e precisi, da lui scagliati anche da distanze siderali.
Con Wlliam Nkemba si entra in pieno nella leggenda dell’SC Villa, grazie ai suoi 26 ventisei anni di militanza in maglia amaranto, conditi da prestazioni eccelse e da una leadership inattaccabile all’interno dello spogliatoio; inutile dire come sia il più fido collaboratore di Hudson in campo, nel quale infiamma il pubblico con tackle duri e con stacchi di testa di grande potenza. Il passato come
centrocampista gli ha altresì giovato in termini di letture tattiche, consentendogli di ergersi a libero di assoluto spessore.
Altro mito assoluto è Paul Edwin Hasule, ex centravanti di peso diventato nel corso del tempo un esterno dalla straordinaria potenza, le cui reminiscenze come attaccante gli permettono di figurare con continuità nel tabellino dei marcatori, nonché negli incubi degli allenatori avversari che non sanno come contenerlo. 
Capitano di lungo corso della squadra, condivide con Nkemba la gestione della dinamiche in seno al gruppo. Il destino lo legherà invece a Musisi, quando a causa di terribili malattie entrambi moriranno precocemente in anni diversi.
Sulla fascia sinistra la classe e la corsa di Adam Semugabi sono un autentico punto di forza della squadra, grazie soprattutto alla sua capacità di alzare ed abbassare la sua passione, passando dal ruolo di terzino a quello di vera e propria ala con straordinaria naturalezza.
Anch’egli dotato di un tiro forte e da grande sensibilità sui calci piazzati, ancora oggi divide
l’opinione pubblica ugandese per un errore dal dischetto in nazionale nel 1993, quando in una sfida decisiva per la qualificazione alla Coppa d’Africa di fece ipnotizzare da Rufai, dopo aver insistito per battere la suddetta massima punizione.
Hudson predilige un centrocampo a quattro, sorretto dalla spalle forti e dall’acume tattico di Sula Katov (famoso per i suoi calci d'angolo), Twaha Kivumbi, Paul Nkata e Zaidi Tebesigwa, per lui diga in fase di non possesso e preziosa fonte di gioco una volta recuperato il pallone, grazie ad una gestione dello stesso navigata e dalla precisione inappuntabile. Idi Batambuze rappresenta qualcosa in più di un'alternativa, diventando partita dopo partita sempre più incisivo.
Al via della competizione la situazione si fa subito dura contro i sudanesi del Al-Merrikh, piegati solamente ai rigori dopo che le due squadre avevano ottenuto entrambe una vittoria per 1-0; da subito il  Nakivubo War Memorial Stadium di Kampala inizia a giocare un ruolo decisivo per le sorti dei Jogoo.


Negli ottavi i tanzaniani del Pamba Sports Club vengono sonoramente sconfitti in casa per 4-1 rendendo il ritorno a Mwanza abbordabile, dove la sconfitta per 2-1 non intacca l’esito della qualificazione e le convinzioni degli uomini di Hudson in vista del già citato quarto di finale contro l’Al Ahly.
Dopo la sconfitta per 2-0 in Egitto tutta Kampala attende il ritorno con trepidazione, arrivando a riempire il Navikubo War Memorial all’orlo, creando un ambiente caldo ed entusiasta per il blasone dell’avversario.
Davanti anche a numerosi personalità governative i Jogoo, trascinati da Magidi Musisi impattano il risultato dell’andata portando la sfida ai supplementari e successivamente i rigori; nella lotteria finale Kato, Semugabi, Kivumbi e Mosisi sono chirurgici nella trasformazione, mentre Musaga si erge a protagonista respingendo l’ultimo tentativo degli egiziani.
La gioia è grande in tutto il paese, con la squadra della capitale diventata motivo di vanto
nazionale, arrivata per un volta nel Gotha del calcio africano.
In semifinale arriverà un ‘altra impresa contro i nigeriani dell’Iwuanyanwu Nationale FC (ora
Heartland F.C.) che trasformerà l’entusiasmo in una tarantolata quanto pacifica pazzia, con la sconfitta in finale che poco serve a placarla: il calcio ugandese ha ridato nuovamente segnali del proprio valore.


Giovanni Fasani

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