sabato 21 settembre 2019

ALFREDO BODOIRA E L'INIZIO DELL'EPOPEA DEL GRANDE TORINO

Nel pazzo ed imprevedibile universo calcistico può essere realistico attribuire ad un ex juventino il merito di aver dato il via alle vittorie del Grande Torino?
Sicuramente d'acchito ogni tifoso granata inorridirebbe di fronte a tale affermazione, essendo la rivalità cittadina sotto la Mole molto sentita per non dire aspra nei meandri del tifo più caloroso.
Tuttavia, se analizziamo con attenzione i fatti ci accorgiamo che l'11 aprile del 1943 è una prodezza di uno juventino a garantire il successo sul campo della Lazio, permettendo ad i granata di fare un pazzo importante verso la vittoria dello Scudetto, il secondo della storia ed il primo della leggendaria squadra granata.
Se pensate che il protagonista in questione sia l'attaccante Gugliemo Gabetto siete in errore, anche se i gol dell'ex juventino sono indispensabile nel successo in questione: a permettere agli uomini di espugnare per 3-2 lo Stadio Nazionale del PNF è il portiere Alfredo Bodoira, arrivato dai "cugini" bianconeri l'anno prima.



Dopo essere passato in svantaggio per un gol di Italo Romagnoli, la compagine piemontese ribalta il risultato con i gol di Gabetto, Ezio Loik e Valentino Mazzola, dimostrando ancora una volta la propria forza e lo straordinario potenziale offensivo.
A meno di 30 minuti dalla fine una punizione di Salvador Gualtieri riporta sotto la formazione biancoceleste, rinvigorendo i compagni e mettendo per una volta in difficoltà capitan Mazzola e compagni.
Quando manca poco al triplice fischio il granata Sergio Piacentini toglie con la mano la palla dalla porta, suscitando le vibranti proteste dei giocatori di casa, certi che il pallone avesse già varcato la linea; nel marasma generale l'arbitro Aniello Mazza assegna un calcio di rigore alla Lazio, sanzionando quindi l'irregolarità del difendente granata.
Sul dischetto di presenta Loro Boriçi opposto proprio a Bodoira il quale risulta menomato per una frattura ad una costola, ma non essendo previste sostituzioni ha fieramente deciso di restare in campo.
Nonostante l'impedimento fisico il portiere nativo di Mathi compie un balzo prodigioso sulla destra respingendo il tiro dell'attaccante albanese e mettendo al sicuro l'agognato successo.
Va ricordato come il robusto portiere sia davvero uno specialista del tiro dagli undici metri, come dimostrano i tanti rigori consecutivamente parati dal 1934 al 1936 quando vestiva la maglia dell'Anconetana.
Chiamato Pinza per la dimensione delle proprie mani, grazie all'agilità unita ad un gran fisico si dimostra anche nella Juventus portiere affidabile in grado di intimorire gli avversari grazie proprio all'imponente fisicità.
Coraggioso sino all'incoscienza nelle uscite e dotato di una soglia del dolore elevata, è anche un personaggio guascone, tanto da concedersi divertenti giri di campo per mostrare le grandi mani, diventante nel tempo oggetto di interesse da parte del pubblico.
Al Torino arriva nel 1941 insieme a Guglielmo Gabetto e Felice Borel, sulla carta come completamento di un complesso quanto storico trasferimento cittadino, volto più a rinforzare il pacchetto offensivo granata visto il valore dei due attaccanti coinvolti.


La Juve decide di privarsi delle sue prestazioni potendo contare su Gianpiero Combi, il quale lo ha relegato al ruolo di riserva dopo aver giocato da titolare la stagione 1930/1931, nella quale ha avuto il via il famigerato Quinquennio Bianconero (5 scudetti consecutivi).
Se guardiamo i freddi numeri ance la sua militanza in maglia granata, durata sei stagioni, è limitata a poche presenze (50 in campionato), vista l'alternanza iniziale con il collega Filippo Cavalli ed il ruolo di riserva di Valerio Bacigalupo nel campionato 1945/1946, durante il quale non scende mai in campo.
Le ultime stagioni le vive ad Alessandria e Cesena, con il pubblico del Moccagatta divertito dalla sua abitudine di togliersi le scarpe a causa dei fastidiosi duroni ai piedi.
Il suo nome però è legato alla vittoria del campionato 1942/1943, per il fatto che dal successo di Roma il Torino trova lo slancio per battere Bologna e Bari e prevalere di un solo punto sul sorprendente Livorno.
Ad oggi questo successo insieme a quello da "spettatore" della stagione 1945/1946 lo rende uno dei tre giocatori ad aver vinto lo scudetto con entrambe le squadre torinesi, insieme a Gabetto ed a Eugenio Staccione.
Nella leggendaria storia del Grande Torino uno spazio lo merita anche il buon Pinza, stoico e decisivo nel parare un calcio di rigore che, chissà, avrebbe potuto cambiare la più bella epopea del calcio italiano.



Giovanni Fasani

Fonti: www.museogrigio.it, il palloneracconto.blogspot.com





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